David Marzoli
2004-06-08 13:46:12 UTC
IL PERIODO DELLA SCOMPARSA
(dal VI° al XIX° secolo)
Gli storici, di solito, spiegano la scomparsa del catecumenato con la
generalizzazione dei battesimi dei bambini. Ma se è giusto sottolineare che
si diffonde il costume di battezzare i neonati, occorre anche guardare a
tutti gli aspetti della situazione. Infatti non si può dimenticare che in
molte regioni, soprattutto dal VI° al IX° secolo, la Chiesa è ancora
missionaria e battezza più adulti che bambini. (E' questa l'epoca in cui il
cristianesimo giunge nei centri minori, nelle campagne e nelle provincie
più remote dell'ormai decaduto Impero).
E' interessante notare che ci fu un certo catecumenato per i bambini e che i
bambini non erano battezzati in un'unica cerimonia. Lo sviluppo dei sette
scrutini di Quaresima in base ai giorni della settimana è avvenuto in un
epoca in cui c'erano molti bambini tra i candidati (1). La testimonianza di
Cesario di Arles (del VI° sec.) ne è la prova: egli si rivolge alle mamme
che portano i loro bimbi agli scrutini e le incoraggia a non perdere le
celebrazioni (2). Questa usanza era certamente un residuo della tradizione
secondo la quale i bambini erano battezzati insieme agli adulti, con un
rituale tipo dell'iniziazione cristiana costituito sul battesimo a tappe.
Questo uso presentava anche il vantaggio di far partecipare i genitori alla
preparazione del battesimo dei loro bambini, seguendone il cammino
catechetico e liturgico.
Nelle regioni di missione si sono sempre alzate voci per chiedere un minimo
di preparazione seria in vista del battesimo ed anche se questi sforzi non
portarono molti frutti è interessante rilevare le linee di riforme
proposte.
Seguendo i papi Siricio (385) e Leone Magno (447), il Concilio di Agde (506)
e il papa Gregorio II (inizio VIII° sec.) insistettero perché si
battezzasse solo nelle feste di Pasqua e di Pentecoste; riducendo così le
celebrazioni, pensavano fosse più facile assicurare una preparazione seria
dei battezzandi. Queste indicazioni non ebbero molto seguito perché si
avanzava l'urgenza di convertire molti pagani e lo scarso numero di preti
per accontentarsi di due soli giorni l'anno. In ogni modo l'essenziale era
assicurare un minimo di tempo di preparazione e tra coloro che hanno
particolarmente lottato in questo senso, possiamo ricordare:
- Martino di Braga, apostolo degli Svevi, il quale riuscì a far approvare
nel Concilio di Braga (572) un canone che stabiliva tre settimane di
preparazione affinché i catecumeni fossero istruiti sul Credo (3);
- Bonifacio, celebre apostolo della Germania, agli inizi dell'VIII° secolo
istruiva i suoi catecumeni per due mesi e più;
- Alcuino riuscì a rilanciare una certa riforma catecumenale, in occasione
del sinodo di Donau (796), dopo che Carlo Magno aveva reso obbligatorio il
battesimo. Basandosi sul 'De catechizandis rudibus' di Agostino, invitava
ad una catechesi seria e libera che durasse almeno sette giorni e non
superasse i quaranta (4).
Per quanto si trattasse di una timida riforma, che pure nel contesto
dell'epoca segnava un reale progresso, questi orientamenti vennero ben
presto dimenticati e rimasero lettera morta nei secoli seguenti. Tuttavia,
quando molto più tardi si cercherà di rilanciare la pratica catecumenale,
sarà a Martino di Braga che si farà riferimento, nell'attesa di rifarsi
direttamente alla tradizione della Chiesa primitiva.
Durante il Medio Evo, il catecumenato praticamente non esiste più; tuttavia
ne sopravvivono due traccie: una nel pensiero teologico e l'altra nella
liturgia. Tracce molto tenui, ma che dimostrano che la realtà catecumenale
non poteva scomparire nella Chiesa.
Nel XII° secolo un teologo come Ugo di San Vittore tratta ancora del
catecumenato nel suo 'De sacramentis fidei christianae' (in part. Liber II,
pars VI, c.9 'De catechizatione').
Nel secolo seguente anche san Tommaso parla spesso di 'catecumeni' nelle
sue 'Questioni sul battesimo' (Spec. III, q.68, a.2-4; e q.71, a.1). Ma la
pratica nei paesi di missione è quella dei battesimi di massa dopo appena
pochi giorni di preparazione. Nei rituali di quest'epoca si ritrovano gli
elementi delle antiche tappe catecumenali, ma sono sempre più confusi
insieme e, soprattutto, sono celebrati in un'unica cerimonia; hanno perso
il loro significato e la loro attuazione originari.
GLI SFORZI DELLE MISSIONI MODERNE
Dal XVI° secolo in poi assistiamo a una vera corrente di rinnovamento (5).
Ovunque viene annunciato il Vangelo, i missionari, con ammirevoli sforzi,
tentano di restaurare la preparazione catecumenale per reagire
all'indifferenza. Uno slancio, però, che non mancherà di incontrare
resistenze. Vediamo schematicamente i punti salienti.
SECOLO XVI°
America Latina
Fin dal 1500, la pratica delle conversioni e dei battesimi di massa e senza
molta preparazione operata, sotto la spinta del potere temporale,
soprattutto dai francescani, urtò i missionari domenicani e agostiniani che
arrivarono nel 1526.(6)
- Nel 1534, gli agostiniani chiesero che non si battezzasse più di quattro
volte l'anno (Pasqua, Pentecoste, Festa di sant'Agostino, Epifania).
- Nel 1538, una conferenza episcopale invita i pastori a ritornare ai
principi missionari di Alcuino e ad esigere 40 giorni di catecumenato con
digiuno, catechesi, esorcismi e scrutini.
- Nel 1585, poiché la prassi ancora non diventa generale, alcuni sinodi
provinciali sono costretti a ricordare queste esigenze.
Asia e Africa
La medesima tendenza esisteva in Africa centrale e nelle prime missioni
dell'Asia. Anche san Francesco Saverio, all'inizio del suo apostolato,
battezzò rapidamente una moltitudine di persone; di fatto, però, molti
neofiti abbandonavano quasi subito la fede cristiana. Allora venne
spontanea la reazione, organizzata dallo stesso sant'Ignazio di Loyola.
Dietro i suoi consigli, a partire dal 1552 si cominciarono a creare in
India alcune 'case di catecumenato', in cui i convertiti venivano radunati
per tre mesi in preparazione del battesimo. E' in quest'epoca che si
scrivono i primi catechismi.
SECOLO XVII° e XVIII°
Molti liturgisti e missionari cercarono di dare una struttura più solida ed
un'attuazione più radicale al recupero del catecumenato, si distinsero in
particolare due uomini di valore.
Il cardinale Giulio Antonio Santori (o Santorio), braccio destro di Pio V,
poi di Gregorio XIII e di Clemente VIII, fece delle ricerche sulle antiche
liturgie. Dopo 25 anni di lavoro, pubblicò nel 1602 un 'Rituale romano,
restituito a partire dall'uso della Chiesa antica', che scaglionava la
liturgia battesimale lungo tutta la durata del catecumenato. Questo rituale
di 712 pagine non venne mai promulgato, ma fu distribuito ai membri della
commissione incaricata di redigere un rituale.
Fatto curioso, fu un carmelitano, a cui stava a cuore l'apostolato
missionario, che fece conoscere questo lavoro. Questo carmelitano, di nome
Tommaso di Gesù, scrisse nel 1613 un libro di ben 926 pagine intitolato 'De
procuranda salute omnium gentium'. In quest'opera riprende il progetto di
Santori, aggiungendovi suggerimenti pratici per la catechesi dei catecumeni
e anche dei neofiti.
Gli sforzi per una pedagogia catecumenale saranno particolarmente
importanti in Asia, anche se la dimensione liturgica rimarrà assente.(7)
La Congregazione per la Propagazione della Fede, fondata nel 1622, distribuì
l'opera di Tommaso di Gesù ai missionari in partenza per l'Asia. Sulla base
di questa iniziativa, i primi Vicari apostolici delle Missioni Estere di
Parigi prepararono, nel 1655, le loro 'Istruzioni' che davano consigli
molto pratici per attuare una vera iniziazione catecumenale.
Le giovani Chiese asiatiche si fonderanno su queste basi per creare un
cammino a tappe che favorisse il progresso della fede dei catecumeni.
Purtroppo il rituale liturgico in uso non comportava alcuna tappa, per cui
si usavano certi segni con cerimonie per indicare il passaggio attraverso
le diverse soglie di questa salita verso il battesimo, ma non erano riti
propriamente liturgici. Infine, il XIX° secolo vide spegnersi a poco a poco
questa pedagogia progressiva, che pure era fedele alla tradizione della
Chiesa e adattata ai bisogni della pastorale.
SECOLO XIX°
E' in Africa che questo sforzo secolare per il rinnovamento del catecumenato
verrà rilanciato. Grazie ad esso avremo la gioia di vedere estendersi, nel
secolo successivo, alla Chiesa universale il lavoro compiuto con
perseveranza da generazioni di missionari. Fin dal XVIII° secolo cappuccini
e spirituali avevano cercato di restaurare la preparazione battesimale, ma
spetta al cardinale Lavigerie il merito di aver ridato vigore alla
disciplina catecumenale tradizionale.(8)
I due principi fondanti sono:
- la preparazione al battesimo deve essere fatta a tappe, ognuna delle quali
deve segnare un progresso nella catechesi e nella conversione;
- la preparazione al battesimo presuppone una certa durata, senza la quale
non può esserci una seria iniziazione che conduca a una vita cristiana
perseverante.
Praticamente questi due principi hanno portato Lavigerie a istituire un
periodo di postulato (due anni) seguito da un periodo di catecumenato (due
anni) e, infine, il grande ritiro battesimale. Purtroppo anche qui mancava
la dimensione liturgica; la consegna di medaglie, rosari e croci cercava di
significare il progresso dei catecumeni, ma non c'erano tappe liturgiche
vere e proprie che permettessero di significare il dono progressivo della
grazia divina. Occorrerà aspettare che il vecchio continente europeo,
risvegliatosi tardi alla pedagogia catecumenale, apporti il suo contributo
allo sforzo ecclesiale, per vedere finalmente coronata la sua ricerca, come
tratteremo la prossima volta.
(segue)
Pace, David.
Note:
(1) Cfr. A. Chavasse, Histoire de l'initiation chrétienne des enfants, de
l'antiquité à nos jours, in 'La Maison-Dieu' 28(1951)26-44.
(2) Cfr. L. Bonnet, Les fonctions de parrainage d'aprés les Homélies de
Saint Césaire d'Arles, Mèmoire de l'ISPC, Paris 1968, pp. 33-40.
(3) Cfr. L. Kilger, Zur Entwicklung der Kathecumenats-praxis vom 5. bis 18
Jahrhundert, in 'Zeit. fur Miss.' 15(1925)166-182; G. Mensaert, La
préparation des adultes au baptéme en terre paìenne,in 'Revue d'histoire
des missions' 16(1939)250-255 e 510-514.
(4) Cfr. A. Etchegaray Cruz, Le role du 'De catechizandis rudibus' de saint
Augustin dans la catechèse missionaire dès 710 jusq'à 847, in Studia
Patristica XI(TU 108)316-321.
(5) Cfr. J. Beckmann, L'initiation et la célébration baptismale dans les
missions du XVIeme siècle à nos jours, in 'La Maison-Dieu' 58, pp.48-70.
(6) Cfr. J. Christiaens, L'òrganisation d'un catéchuménat au XVIeme siécle,
in 'La Maison-Dieu' 58,pp.71-82.
(7) Per quanto riguarda o sforzo verso il Giappone si veda J. Lòpez-Gay, El
catecumenado en la misiòn del Japòn del s. XVI, Roma 1966.
(8) Cfr. J. Perraudin, Le catéchuménat d'aprés le cardinal Lavigerie, in
Parole e Mission 14, pp. 386-395.
(dal VI° al XIX° secolo)
Gli storici, di solito, spiegano la scomparsa del catecumenato con la
generalizzazione dei battesimi dei bambini. Ma se è giusto sottolineare che
si diffonde il costume di battezzare i neonati, occorre anche guardare a
tutti gli aspetti della situazione. Infatti non si può dimenticare che in
molte regioni, soprattutto dal VI° al IX° secolo, la Chiesa è ancora
missionaria e battezza più adulti che bambini. (E' questa l'epoca in cui il
cristianesimo giunge nei centri minori, nelle campagne e nelle provincie
più remote dell'ormai decaduto Impero).
E' interessante notare che ci fu un certo catecumenato per i bambini e che i
bambini non erano battezzati in un'unica cerimonia. Lo sviluppo dei sette
scrutini di Quaresima in base ai giorni della settimana è avvenuto in un
epoca in cui c'erano molti bambini tra i candidati (1). La testimonianza di
Cesario di Arles (del VI° sec.) ne è la prova: egli si rivolge alle mamme
che portano i loro bimbi agli scrutini e le incoraggia a non perdere le
celebrazioni (2). Questa usanza era certamente un residuo della tradizione
secondo la quale i bambini erano battezzati insieme agli adulti, con un
rituale tipo dell'iniziazione cristiana costituito sul battesimo a tappe.
Questo uso presentava anche il vantaggio di far partecipare i genitori alla
preparazione del battesimo dei loro bambini, seguendone il cammino
catechetico e liturgico.
Nelle regioni di missione si sono sempre alzate voci per chiedere un minimo
di preparazione seria in vista del battesimo ed anche se questi sforzi non
portarono molti frutti è interessante rilevare le linee di riforme
proposte.
Seguendo i papi Siricio (385) e Leone Magno (447), il Concilio di Agde (506)
e il papa Gregorio II (inizio VIII° sec.) insistettero perché si
battezzasse solo nelle feste di Pasqua e di Pentecoste; riducendo così le
celebrazioni, pensavano fosse più facile assicurare una preparazione seria
dei battezzandi. Queste indicazioni non ebbero molto seguito perché si
avanzava l'urgenza di convertire molti pagani e lo scarso numero di preti
per accontentarsi di due soli giorni l'anno. In ogni modo l'essenziale era
assicurare un minimo di tempo di preparazione e tra coloro che hanno
particolarmente lottato in questo senso, possiamo ricordare:
- Martino di Braga, apostolo degli Svevi, il quale riuscì a far approvare
nel Concilio di Braga (572) un canone che stabiliva tre settimane di
preparazione affinché i catecumeni fossero istruiti sul Credo (3);
- Bonifacio, celebre apostolo della Germania, agli inizi dell'VIII° secolo
istruiva i suoi catecumeni per due mesi e più;
- Alcuino riuscì a rilanciare una certa riforma catecumenale, in occasione
del sinodo di Donau (796), dopo che Carlo Magno aveva reso obbligatorio il
battesimo. Basandosi sul 'De catechizandis rudibus' di Agostino, invitava
ad una catechesi seria e libera che durasse almeno sette giorni e non
superasse i quaranta (4).
Per quanto si trattasse di una timida riforma, che pure nel contesto
dell'epoca segnava un reale progresso, questi orientamenti vennero ben
presto dimenticati e rimasero lettera morta nei secoli seguenti. Tuttavia,
quando molto più tardi si cercherà di rilanciare la pratica catecumenale,
sarà a Martino di Braga che si farà riferimento, nell'attesa di rifarsi
direttamente alla tradizione della Chiesa primitiva.
Durante il Medio Evo, il catecumenato praticamente non esiste più; tuttavia
ne sopravvivono due traccie: una nel pensiero teologico e l'altra nella
liturgia. Tracce molto tenui, ma che dimostrano che la realtà catecumenale
non poteva scomparire nella Chiesa.
Nel XII° secolo un teologo come Ugo di San Vittore tratta ancora del
catecumenato nel suo 'De sacramentis fidei christianae' (in part. Liber II,
pars VI, c.9 'De catechizatione').
Nel secolo seguente anche san Tommaso parla spesso di 'catecumeni' nelle
sue 'Questioni sul battesimo' (Spec. III, q.68, a.2-4; e q.71, a.1). Ma la
pratica nei paesi di missione è quella dei battesimi di massa dopo appena
pochi giorni di preparazione. Nei rituali di quest'epoca si ritrovano gli
elementi delle antiche tappe catecumenali, ma sono sempre più confusi
insieme e, soprattutto, sono celebrati in un'unica cerimonia; hanno perso
il loro significato e la loro attuazione originari.
GLI SFORZI DELLE MISSIONI MODERNE
Dal XVI° secolo in poi assistiamo a una vera corrente di rinnovamento (5).
Ovunque viene annunciato il Vangelo, i missionari, con ammirevoli sforzi,
tentano di restaurare la preparazione catecumenale per reagire
all'indifferenza. Uno slancio, però, che non mancherà di incontrare
resistenze. Vediamo schematicamente i punti salienti.
SECOLO XVI°
America Latina
Fin dal 1500, la pratica delle conversioni e dei battesimi di massa e senza
molta preparazione operata, sotto la spinta del potere temporale,
soprattutto dai francescani, urtò i missionari domenicani e agostiniani che
arrivarono nel 1526.(6)
- Nel 1534, gli agostiniani chiesero che non si battezzasse più di quattro
volte l'anno (Pasqua, Pentecoste, Festa di sant'Agostino, Epifania).
- Nel 1538, una conferenza episcopale invita i pastori a ritornare ai
principi missionari di Alcuino e ad esigere 40 giorni di catecumenato con
digiuno, catechesi, esorcismi e scrutini.
- Nel 1585, poiché la prassi ancora non diventa generale, alcuni sinodi
provinciali sono costretti a ricordare queste esigenze.
Asia e Africa
La medesima tendenza esisteva in Africa centrale e nelle prime missioni
dell'Asia. Anche san Francesco Saverio, all'inizio del suo apostolato,
battezzò rapidamente una moltitudine di persone; di fatto, però, molti
neofiti abbandonavano quasi subito la fede cristiana. Allora venne
spontanea la reazione, organizzata dallo stesso sant'Ignazio di Loyola.
Dietro i suoi consigli, a partire dal 1552 si cominciarono a creare in
India alcune 'case di catecumenato', in cui i convertiti venivano radunati
per tre mesi in preparazione del battesimo. E' in quest'epoca che si
scrivono i primi catechismi.
SECOLO XVII° e XVIII°
Molti liturgisti e missionari cercarono di dare una struttura più solida ed
un'attuazione più radicale al recupero del catecumenato, si distinsero in
particolare due uomini di valore.
Il cardinale Giulio Antonio Santori (o Santorio), braccio destro di Pio V,
poi di Gregorio XIII e di Clemente VIII, fece delle ricerche sulle antiche
liturgie. Dopo 25 anni di lavoro, pubblicò nel 1602 un 'Rituale romano,
restituito a partire dall'uso della Chiesa antica', che scaglionava la
liturgia battesimale lungo tutta la durata del catecumenato. Questo rituale
di 712 pagine non venne mai promulgato, ma fu distribuito ai membri della
commissione incaricata di redigere un rituale.
Fatto curioso, fu un carmelitano, a cui stava a cuore l'apostolato
missionario, che fece conoscere questo lavoro. Questo carmelitano, di nome
Tommaso di Gesù, scrisse nel 1613 un libro di ben 926 pagine intitolato 'De
procuranda salute omnium gentium'. In quest'opera riprende il progetto di
Santori, aggiungendovi suggerimenti pratici per la catechesi dei catecumeni
e anche dei neofiti.
Gli sforzi per una pedagogia catecumenale saranno particolarmente
importanti in Asia, anche se la dimensione liturgica rimarrà assente.(7)
La Congregazione per la Propagazione della Fede, fondata nel 1622, distribuì
l'opera di Tommaso di Gesù ai missionari in partenza per l'Asia. Sulla base
di questa iniziativa, i primi Vicari apostolici delle Missioni Estere di
Parigi prepararono, nel 1655, le loro 'Istruzioni' che davano consigli
molto pratici per attuare una vera iniziazione catecumenale.
Le giovani Chiese asiatiche si fonderanno su queste basi per creare un
cammino a tappe che favorisse il progresso della fede dei catecumeni.
Purtroppo il rituale liturgico in uso non comportava alcuna tappa, per cui
si usavano certi segni con cerimonie per indicare il passaggio attraverso
le diverse soglie di questa salita verso il battesimo, ma non erano riti
propriamente liturgici. Infine, il XIX° secolo vide spegnersi a poco a poco
questa pedagogia progressiva, che pure era fedele alla tradizione della
Chiesa e adattata ai bisogni della pastorale.
SECOLO XIX°
E' in Africa che questo sforzo secolare per il rinnovamento del catecumenato
verrà rilanciato. Grazie ad esso avremo la gioia di vedere estendersi, nel
secolo successivo, alla Chiesa universale il lavoro compiuto con
perseveranza da generazioni di missionari. Fin dal XVIII° secolo cappuccini
e spirituali avevano cercato di restaurare la preparazione battesimale, ma
spetta al cardinale Lavigerie il merito di aver ridato vigore alla
disciplina catecumenale tradizionale.(8)
I due principi fondanti sono:
- la preparazione al battesimo deve essere fatta a tappe, ognuna delle quali
deve segnare un progresso nella catechesi e nella conversione;
- la preparazione al battesimo presuppone una certa durata, senza la quale
non può esserci una seria iniziazione che conduca a una vita cristiana
perseverante.
Praticamente questi due principi hanno portato Lavigerie a istituire un
periodo di postulato (due anni) seguito da un periodo di catecumenato (due
anni) e, infine, il grande ritiro battesimale. Purtroppo anche qui mancava
la dimensione liturgica; la consegna di medaglie, rosari e croci cercava di
significare il progresso dei catecumeni, ma non c'erano tappe liturgiche
vere e proprie che permettessero di significare il dono progressivo della
grazia divina. Occorrerà aspettare che il vecchio continente europeo,
risvegliatosi tardi alla pedagogia catecumenale, apporti il suo contributo
allo sforzo ecclesiale, per vedere finalmente coronata la sua ricerca, come
tratteremo la prossima volta.
(segue)
Pace, David.
Note:
(1) Cfr. A. Chavasse, Histoire de l'initiation chrétienne des enfants, de
l'antiquité à nos jours, in 'La Maison-Dieu' 28(1951)26-44.
(2) Cfr. L. Bonnet, Les fonctions de parrainage d'aprés les Homélies de
Saint Césaire d'Arles, Mèmoire de l'ISPC, Paris 1968, pp. 33-40.
(3) Cfr. L. Kilger, Zur Entwicklung der Kathecumenats-praxis vom 5. bis 18
Jahrhundert, in 'Zeit. fur Miss.' 15(1925)166-182; G. Mensaert, La
préparation des adultes au baptéme en terre paìenne,in 'Revue d'histoire
des missions' 16(1939)250-255 e 510-514.
(4) Cfr. A. Etchegaray Cruz, Le role du 'De catechizandis rudibus' de saint
Augustin dans la catechèse missionaire dès 710 jusq'à 847, in Studia
Patristica XI(TU 108)316-321.
(5) Cfr. J. Beckmann, L'initiation et la célébration baptismale dans les
missions du XVIeme siècle à nos jours, in 'La Maison-Dieu' 58, pp.48-70.
(6) Cfr. J. Christiaens, L'òrganisation d'un catéchuménat au XVIeme siécle,
in 'La Maison-Dieu' 58,pp.71-82.
(7) Per quanto riguarda o sforzo verso il Giappone si veda J. Lòpez-Gay, El
catecumenado en la misiòn del Japòn del s. XVI, Roma 1966.
(8) Cfr. J. Perraudin, Le catéchuménat d'aprés le cardinal Lavigerie, in
Parole e Mission 14, pp. 386-395.