donquixote
2009-10-31 21:06:03 UTC
Dagospia
I NOSTALGICI DI FERNANDEL E GINO CERVI
Don Camillo e l'onorevole Peppone, quelli veri, interpretati
da Fernandel e Gino Cervi, continuano a essere visti e rivisti
da milioni di telespettatori, un po' come i film di Totò.
L'altra sera due milioni di persone hanno rivisto il film
su Retequattro.
Il Giornale
Usa, la conservazione delle staminali parte dall'Italia
di Redazione
Boston - La notizia è di quelle cui non siamo abituati: la ricerca
scientifica italiana, le sue competenze e le sue scoperte, per una volta
arrivano prima dell'America e osano addirittura "sfidare" il gigante
a stelle e strisce. Tutto ciò si verifica a Boston , nel cuore
dell'innovazione made in Usa, dove ha aperto i battenti la Biocell
Center Corporation. Il primo centro d'America - quattrocento metri
quadrati su un unico piano - in cui raccogliere e crioconservare le
staminali prelevate da liquido amniotico è un prodotto del made in Italy.
E' bene ricordare che si tratta di staminali amniotiche prelevate
durante l'amniocentesi, tecnica che non comporta alcuna variazione
del metodo consueto di effettuazione dell'esame diagnostico
e pertanto è eseguibile senza rischi, né particolari complicazioni,
da ogni ginecologo.
Il governatore del Massachusetts Deval Patrick, governatore del
Massachusetts, la settimana scorsa ha tagliato il nastro della Biocell:
"Questo progetto può rappresentare per il mondo scientifico un'opportunità
irripetibile. Mi congratulo vivamente con l'Italia per la sua partecipazione
allo sviluppo del settore biotecnologico con il Massachussets. Siamo
davvero felici che Biocell Center abbia deciso di aprire qua il suo
quartier generale, un gruppo di pionieri che rende il Massachusetts
leader globale nella ricerca delle cellule staminali".
A ricambiare il saluto del governatore americano, un video
del governatore lombardo, Roberto Formigoni:"E' con vivo piacere
che esprimo il saluto di Regione Lombardia - dice Roberto Formigoni
- a tutta la comunità scientifica internazionale: è un onore poter
presentare a Boston le strategie di un'azienda lombarda che ha
deciso di aprire una filiale negli Stati Uniti d'America, sviluppando
la propria attività in una delle capitali dell'innovazione"
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Il Giornale
Bud Spencer compie 80 anni "Snobbato, ma se fossi gay..."
di Massimo Bertarelli
Caro Bud Spencer, le pesano i suoi ottant'anni?
«Per niente. Non mi sono accorto di esserci arrivato».
Sono più gli anni o i chili?
«I chili, i chili. Anche se sono sceso da 150 a 125».
Col cinema però è fermo dal film di Olmi, «Cantando dietro
i paraventi», che è di cinque anni fa...
«Macché fermo, ho appena finito di girare Uccidere è il mio mestiere,
una produzione tedesca, dove impersono il maestro di un assassino,
completamente cieco».
Una commedia più che un poliziesco, quindi, ma quando
lo vedremo in Italia?
«Credo presto, ora stanno facendo il doppiaggio».
Senta, tornando a Olmi, critiche entusiaste e sale mezze vuote...
«È il destino dei film di Olmi, un autore talmente geniale
che non ha bisogno del successo delle folle».
Al contrario di Bud Spencer...
«Non esageriamo, non mi ritengo un attore, ma un personaggio molto
fortunato, diventato popolare. Attore mi sono sentito per la prima volta
proprio con Olmi».
Ma la critica la snobba e premi ne ha presi pochi...
«Pochi in Italia, a parte un premio Charlot nel Salento. Invece all'estero
ne ho raccolti molti, da Berlino alla Spagna. A Parigi un'autorevole
giornalista del Figaro mi ha commosso con le sue parole».
Come spiega questa disattenzione italiana?
«Mah, forse perché non sono gay, né trans e ho la stessa moglie
da cinquant'anni».
Dispiaciuto?
«Un po' ferito sì, per fortuna non conosco il rancore. Mi rifaccio
con i fan sparsi in tutto il mondo, Russia, Arabia Saudita, Australia
e Germania, dove hanno inventato magliette con il mio faccione
al posto di Che Guevara».
E in Italia?
«Ho ventitré fan club, primo della lista a Verona. Per iscriversi
bisogna ripetere davanti al notaio le frasi celebri dei miei film.
E quante lettere: 1.500 al mese, mica poche, anche se dimezzate
rispetto a qualche anno fa».
Scrivono più a lei o al suo socio, Terence Hill?
«Non saprei. Di sicuro scrivono a me, non alla coppia».
Coppia mitica, che ha girato quanti film?
«Sedici, in quarantadue anni. Un lunghissimo tempo senza mai un litigio».
Tornerete insieme, magari con quel Don Chisciotte, di cui si era
tanto parlato?
«Non credo. È una questione di decenza, certe cose non posso
più farle. Sono rimasto colpito, non tanto tempo fa, da un bambino,
che mi ha squadrato per strada e poi ha detto al padre: "Com'è vecchio".
Terence, che ha dieci anni meno di me, forse sì».
Adesso però ha deciso di fargli concorrenza in tv con una nuova
serie gialla, I delitti del cuoco, in onda su Canale 5 in primavera...
«Ma io non sono un prete come Don Matteo, bensì un commissario
di polizia in pensione, che ha aperto un ristorante e dà una mano
alla polizia. Lo dico subito: niente a che vedere con Nero Wolf
né con Maigret. Semmai c'è qualche somiglianza col mio Piedone».
Sarà dura eguagliare il boom di Don Matteo...
«E allora? Sono felice del successo di Terence, se farò ascolti
più bassi pazienza».
Anche tra di voi vi chiamate Terence e Bud?
«Ma no, ci sentiamo e ci vediamo di continuo: ciao Mario, ciao Carlo».
A proposito, perché non ha fatto cinema con il suo vero nome,
Carlo Pedersoli, tra l'altro già celebre per il nuoto?
«Semplice. Negli anni Sessanta e Settanta c'era la moda esterofila
di camuffare l'identità di attori e registi. L'hanno fatto tutti, da Sergio
Leone a Franco Nero a Giuliano Gemma».
E come ha scelto il suo?
«Altrettanto semplice. Spencer Tracy era il mio idolo e la Budweiser
la mia birra preferita».
Lei però ha cominciato la carriera in piscina?
«Sì, sono stato per dieci anni campione italiano dei cento stile
libero... ».
Il primo a scendere sotto il minuto...
«Vero. Nel 1950 con 59 secondi e un decimo. Ma giocavo
anche a pallanuoto: centravanti della nazionale, il famoso Settebello,
alle Olimpiadi di Helsinki del '52 e di Melbourne nel '56.
Che beffa: gli azzurri vinsero, senza di me, nel '48 a Londra
e nel '60 a Roma».
Sport e cinema, due strade lontane...
«Mica tanto. Lo sport mi ha insegnato a restare con i piedi per terra.
Un giorno ti svegli e c'è qualcuno che va più forte di te. E non sei
più nessuno. Così nel cinema: il pubblico ti può togliere il successo
in una notte».
Come ha cominciato col cinema?
«Per caso, anche se mia moglie Maria è figlia di uno dei più grandi
produttori, Peppino Amato. Un giorno, era il '67, il regista Giuseppe
Colizzi le chiese: "È sempre grosso come prima? Ho bisogno di uno
così per un western"».
Visto e preso, insomma...
«Non proprio. A me domandò: "Sai andare a cavallo? Parli inglese?
Hai la barba?" Beccandosi tre no. "Va bene", e aggiunse "quanto vuoi?".
Gli risposi: "Ho due cambiali da due milioni l'una, scadenza giugno
e luglio. Me le paghi e siamo pari". Ci pensò su due mesi, poi accettò.
E girai il mio primo western».
Meno male.
Avvenire
Bud Spencer: i miei 80 anni di sorrisi e fede
«Per me credere è un bisogno vitale Spero di lavorare ancora con Hill»
DI TIZIANA LUPI
«Non sono vecchio, sono antico» dice Bud Spencer commentando con
un sorriso l'imminente compleanno. Domani, infatti, il «gigante buono»
compie 80 anni. Un evento per il quale non sono previsti festeggiamenti
particolari ma solo «una bella cena» con la sua numerosa famiglia, formata
dalla moglie Maria («Tra pochi mesi saranno 50 anni di matrimonio »),
dai tre figli e dai cinque («per ora») nipoti. Un pranzo che suggella
anche la fine delle riprese de I delitti del cuoco, la serie tv che lo vede
protagonista e che Canale 5 trasmetterà nella prossima primavera.
«Interpreto un cuoco, diventato tale dopo essere stato un commissario
di polizia» racconta, puntualizzando che «questo personaggio non
ha niente a che fare né con Maigret né con Nero Wolfe.
Abbiamo voluto fare una commedia giallo-comica perché pensiamo
che, in questo periodo, la gente abbia voglia di ridere. È un po' quello
che è accaduto, tanti anni fa, nel cinema quando Terence (Hill, ndr)
ed io abbiamo trasformato lo spaghetti western italiano in western
comico».
Sedici film che hanno avuto successo in tutto il mondo e un titolo
per tutti: «Lo chiamavano Trinità»: quello con Terence Hill è stato davvero
un sodalizio importante. È vero che avete intenzione di tornare a fare
qualcosa insieme?
Quel connubio non è più ripetibile, anche fisicamente alla nostra età
non avrebbe più senso. Piuttosto, po- tremmo fare qualcosa di diverso.
Un paio di progetti li ho anche già scritti: Don Chisciotte e Sancho
Panza e Dr. Jekyll e Mr. Hyde , naturalmente entrambi rivisti
alla nostra maniera. Ne abbiamo parlato ma quello che abbiamo
fatto insieme nel cinema mondiale è stato talmente importante che
pensare di tornare insieme oggi non è facile.
Che cosa ha significato il successo nella sua vita?
Io distinguo due tipi di successo: quello che ho avuto nello sport
(è stato campione di nuoto, ndr) e quello nel cinema. Il primo è mio e non
me lo leva nessuno. Il secondo è quello che il pubblico ha deciso di darmi
e che mi ha permesso di fare 120 film (ha recitato anche in Cantando
dietro ai paraventi di Ermanno Olmi, ndr), quasi tutti da protagonista.
Dopo quarantadue anni di carriera, non ha voglia di riposarsi un po'?
Per carità, guai a riposarsi. Se ti fermi, sei fregato! Da un po'
di tempo sto scrivendo la mia autobiografia, si intitola Lasciatemi
passare, un titolo che la dice lunga sul mio modo di affrontare la vita
e sull'ottimismo che, per grazia di Dio, mi ha sempre accompagnato.
Ha citato Dio. Lei è credente?
Io credo perché ho bisogno di credere in Dio e nel «dopo» che c'è
oltre la vita. La fede, per me, è un dogma. Un valore assoluto.
Prima di avere successo nel cinema, lei ha fatto diversi lavori.
Sì, ho fatto l'operaio, il bibliotecario e il segretario di
ambasciata.
Sono stato campione di nuoto e persino autore di canzoni per artisti
come Ornella Vanoni e Nico Fidenco.
Si ritiene soddisfatto di ciò che ha avuto nei suoi primi
ottant'anni?
Io non sono mai soddisfatto, guardo sempre avanti. Però posso dire
che, tornando indietro, rifarei esattamente tutto quello che ho fatto.
Tranne, forse, fumare perché il fumo ha limitato il mio successo
nello sport.
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I NOSTALGICI DI FERNANDEL E GINO CERVI
Don Camillo e l'onorevole Peppone, quelli veri, interpretati
da Fernandel e Gino Cervi, continuano a essere visti e rivisti
da milioni di telespettatori, un po' come i film di Totò.
L'altra sera due milioni di persone hanno rivisto il film
su Retequattro.
Il Giornale
Usa, la conservazione delle staminali parte dall'Italia
di Redazione
Boston - La notizia è di quelle cui non siamo abituati: la ricerca
scientifica italiana, le sue competenze e le sue scoperte, per una volta
arrivano prima dell'America e osano addirittura "sfidare" il gigante
a stelle e strisce. Tutto ciò si verifica a Boston , nel cuore
dell'innovazione made in Usa, dove ha aperto i battenti la Biocell
Center Corporation. Il primo centro d'America - quattrocento metri
quadrati su un unico piano - in cui raccogliere e crioconservare le
staminali prelevate da liquido amniotico è un prodotto del made in Italy.
E' bene ricordare che si tratta di staminali amniotiche prelevate
durante l'amniocentesi, tecnica che non comporta alcuna variazione
del metodo consueto di effettuazione dell'esame diagnostico
e pertanto è eseguibile senza rischi, né particolari complicazioni,
da ogni ginecologo.
Il governatore del Massachusetts Deval Patrick, governatore del
Massachusetts, la settimana scorsa ha tagliato il nastro della Biocell:
"Questo progetto può rappresentare per il mondo scientifico un'opportunità
irripetibile. Mi congratulo vivamente con l'Italia per la sua partecipazione
allo sviluppo del settore biotecnologico con il Massachussets. Siamo
davvero felici che Biocell Center abbia deciso di aprire qua il suo
quartier generale, un gruppo di pionieri che rende il Massachusetts
leader globale nella ricerca delle cellule staminali".
A ricambiare il saluto del governatore americano, un video
del governatore lombardo, Roberto Formigoni:"E' con vivo piacere
che esprimo il saluto di Regione Lombardia - dice Roberto Formigoni
- a tutta la comunità scientifica internazionale: è un onore poter
presentare a Boston le strategie di un'azienda lombarda che ha
deciso di aprire una filiale negli Stati Uniti d'America, sviluppando
la propria attività in una delle capitali dell'innovazione"
Loading Image...
Il Giornale
Bud Spencer compie 80 anni "Snobbato, ma se fossi gay..."
di Massimo Bertarelli
Caro Bud Spencer, le pesano i suoi ottant'anni?
«Per niente. Non mi sono accorto di esserci arrivato».
Sono più gli anni o i chili?
«I chili, i chili. Anche se sono sceso da 150 a 125».
Col cinema però è fermo dal film di Olmi, «Cantando dietro
i paraventi», che è di cinque anni fa...
«Macché fermo, ho appena finito di girare Uccidere è il mio mestiere,
una produzione tedesca, dove impersono il maestro di un assassino,
completamente cieco».
Una commedia più che un poliziesco, quindi, ma quando
lo vedremo in Italia?
«Credo presto, ora stanno facendo il doppiaggio».
Senta, tornando a Olmi, critiche entusiaste e sale mezze vuote...
«È il destino dei film di Olmi, un autore talmente geniale
che non ha bisogno del successo delle folle».
Al contrario di Bud Spencer...
«Non esageriamo, non mi ritengo un attore, ma un personaggio molto
fortunato, diventato popolare. Attore mi sono sentito per la prima volta
proprio con Olmi».
Ma la critica la snobba e premi ne ha presi pochi...
«Pochi in Italia, a parte un premio Charlot nel Salento. Invece all'estero
ne ho raccolti molti, da Berlino alla Spagna. A Parigi un'autorevole
giornalista del Figaro mi ha commosso con le sue parole».
Come spiega questa disattenzione italiana?
«Mah, forse perché non sono gay, né trans e ho la stessa moglie
da cinquant'anni».
Dispiaciuto?
«Un po' ferito sì, per fortuna non conosco il rancore. Mi rifaccio
con i fan sparsi in tutto il mondo, Russia, Arabia Saudita, Australia
e Germania, dove hanno inventato magliette con il mio faccione
al posto di Che Guevara».
E in Italia?
«Ho ventitré fan club, primo della lista a Verona. Per iscriversi
bisogna ripetere davanti al notaio le frasi celebri dei miei film.
E quante lettere: 1.500 al mese, mica poche, anche se dimezzate
rispetto a qualche anno fa».
Scrivono più a lei o al suo socio, Terence Hill?
«Non saprei. Di sicuro scrivono a me, non alla coppia».
Coppia mitica, che ha girato quanti film?
«Sedici, in quarantadue anni. Un lunghissimo tempo senza mai un litigio».
Tornerete insieme, magari con quel Don Chisciotte, di cui si era
tanto parlato?
«Non credo. È una questione di decenza, certe cose non posso
più farle. Sono rimasto colpito, non tanto tempo fa, da un bambino,
che mi ha squadrato per strada e poi ha detto al padre: "Com'è vecchio".
Terence, che ha dieci anni meno di me, forse sì».
Adesso però ha deciso di fargli concorrenza in tv con una nuova
serie gialla, I delitti del cuoco, in onda su Canale 5 in primavera...
«Ma io non sono un prete come Don Matteo, bensì un commissario
di polizia in pensione, che ha aperto un ristorante e dà una mano
alla polizia. Lo dico subito: niente a che vedere con Nero Wolf
né con Maigret. Semmai c'è qualche somiglianza col mio Piedone».
Sarà dura eguagliare il boom di Don Matteo...
«E allora? Sono felice del successo di Terence, se farò ascolti
più bassi pazienza».
Anche tra di voi vi chiamate Terence e Bud?
«Ma no, ci sentiamo e ci vediamo di continuo: ciao Mario, ciao Carlo».
A proposito, perché non ha fatto cinema con il suo vero nome,
Carlo Pedersoli, tra l'altro già celebre per il nuoto?
«Semplice. Negli anni Sessanta e Settanta c'era la moda esterofila
di camuffare l'identità di attori e registi. L'hanno fatto tutti, da Sergio
Leone a Franco Nero a Giuliano Gemma».
E come ha scelto il suo?
«Altrettanto semplice. Spencer Tracy era il mio idolo e la Budweiser
la mia birra preferita».
Lei però ha cominciato la carriera in piscina?
«Sì, sono stato per dieci anni campione italiano dei cento stile
libero... ».
Il primo a scendere sotto il minuto...
«Vero. Nel 1950 con 59 secondi e un decimo. Ma giocavo
anche a pallanuoto: centravanti della nazionale, il famoso Settebello,
alle Olimpiadi di Helsinki del '52 e di Melbourne nel '56.
Che beffa: gli azzurri vinsero, senza di me, nel '48 a Londra
e nel '60 a Roma».
Sport e cinema, due strade lontane...
«Mica tanto. Lo sport mi ha insegnato a restare con i piedi per terra.
Un giorno ti svegli e c'è qualcuno che va più forte di te. E non sei
più nessuno. Così nel cinema: il pubblico ti può togliere il successo
in una notte».
Come ha cominciato col cinema?
«Per caso, anche se mia moglie Maria è figlia di uno dei più grandi
produttori, Peppino Amato. Un giorno, era il '67, il regista Giuseppe
Colizzi le chiese: "È sempre grosso come prima? Ho bisogno di uno
così per un western"».
Visto e preso, insomma...
«Non proprio. A me domandò: "Sai andare a cavallo? Parli inglese?
Hai la barba?" Beccandosi tre no. "Va bene", e aggiunse "quanto vuoi?".
Gli risposi: "Ho due cambiali da due milioni l'una, scadenza giugno
e luglio. Me le paghi e siamo pari". Ci pensò su due mesi, poi accettò.
E girai il mio primo western».
Meno male.
Avvenire
Bud Spencer: i miei 80 anni di sorrisi e fede
«Per me credere è un bisogno vitale Spero di lavorare ancora con Hill»
DI TIZIANA LUPI
«Non sono vecchio, sono antico» dice Bud Spencer commentando con
un sorriso l'imminente compleanno. Domani, infatti, il «gigante buono»
compie 80 anni. Un evento per il quale non sono previsti festeggiamenti
particolari ma solo «una bella cena» con la sua numerosa famiglia, formata
dalla moglie Maria («Tra pochi mesi saranno 50 anni di matrimonio »),
dai tre figli e dai cinque («per ora») nipoti. Un pranzo che suggella
anche la fine delle riprese de I delitti del cuoco, la serie tv che lo vede
protagonista e che Canale 5 trasmetterà nella prossima primavera.
«Interpreto un cuoco, diventato tale dopo essere stato un commissario
di polizia» racconta, puntualizzando che «questo personaggio non
ha niente a che fare né con Maigret né con Nero Wolfe.
Abbiamo voluto fare una commedia giallo-comica perché pensiamo
che, in questo periodo, la gente abbia voglia di ridere. È un po' quello
che è accaduto, tanti anni fa, nel cinema quando Terence (Hill, ndr)
ed io abbiamo trasformato lo spaghetti western italiano in western
comico».
Sedici film che hanno avuto successo in tutto il mondo e un titolo
per tutti: «Lo chiamavano Trinità»: quello con Terence Hill è stato davvero
un sodalizio importante. È vero che avete intenzione di tornare a fare
qualcosa insieme?
Quel connubio non è più ripetibile, anche fisicamente alla nostra età
non avrebbe più senso. Piuttosto, po- tremmo fare qualcosa di diverso.
Un paio di progetti li ho anche già scritti: Don Chisciotte e Sancho
Panza e Dr. Jekyll e Mr. Hyde , naturalmente entrambi rivisti
alla nostra maniera. Ne abbiamo parlato ma quello che abbiamo
fatto insieme nel cinema mondiale è stato talmente importante che
pensare di tornare insieme oggi non è facile.
Che cosa ha significato il successo nella sua vita?
Io distinguo due tipi di successo: quello che ho avuto nello sport
(è stato campione di nuoto, ndr) e quello nel cinema. Il primo è mio e non
me lo leva nessuno. Il secondo è quello che il pubblico ha deciso di darmi
e che mi ha permesso di fare 120 film (ha recitato anche in Cantando
dietro ai paraventi di Ermanno Olmi, ndr), quasi tutti da protagonista.
Dopo quarantadue anni di carriera, non ha voglia di riposarsi un po'?
Per carità, guai a riposarsi. Se ti fermi, sei fregato! Da un po'
di tempo sto scrivendo la mia autobiografia, si intitola Lasciatemi
passare, un titolo che la dice lunga sul mio modo di affrontare la vita
e sull'ottimismo che, per grazia di Dio, mi ha sempre accompagnato.
Ha citato Dio. Lei è credente?
Io credo perché ho bisogno di credere in Dio e nel «dopo» che c'è
oltre la vita. La fede, per me, è un dogma. Un valore assoluto.
Prima di avere successo nel cinema, lei ha fatto diversi lavori.
Sì, ho fatto l'operaio, il bibliotecario e il segretario di
ambasciata.
Sono stato campione di nuoto e persino autore di canzoni per artisti
come Ornella Vanoni e Nico Fidenco.
Si ritiene soddisfatto di ciò che ha avuto nei suoi primi
ottant'anni?
Io non sono mai soddisfatto, guardo sempre avanti. Però posso dire
che, tornando indietro, rifarei esattamente tutto quello che ho fatto.
Tranne, forse, fumare perché il fumo ha limitato il mio successo
nello sport.
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