Discussione:
Padre Gemelli e il beato Contardo Ferrini -era: Re: Stato di estasi dei Veggenti di Medjugorje
(troppo vecchio per rispondere)
donquixote
2005-09-08 20:55:34 UTC
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Non credo che la Chiesa abbia mai condannato, per esempio, quelli che si
avviavano alla grotta di Lourdes ad assistere alle apparizioni della
Vergine a Bernadette, quando ancora non c'era una pronuncia ufficiale su
quei fenomeni...
neanche io gli avrei "condannati", non sono mai stato d'accordo con le
conclusioni presuntuose di padre Agostino Gemelli
Padre Gemelli è stato uno dei più grandi ed efficaci difensori di Lourdes.
Negli anni '10 dello scorso secolo, in un ambiente politico caratterizzato
dai governi liberali e anticattolici, e in un ambiente culturale dominato
dalla massoneria e dal positivismo materialistico, intraprese una
impegnativa e coraggiosa attività di conferenziere, in tutta Italia, e
scrisse un libro diventato famoso: "La lotta contro Lourdes".
L'Associazione Sanitaria milanese, alla quale egli era iscritto, infastidita
dal successo delle sue conferenze, lo sfidò a tenere una conferenza pubblica
al riguardo, in contradditorio con gli altri medici scettici e positivisti
iscritti all'Associazione.
Padre Gemelli accettò la sfida, presentando nel corso della conferenza dei
casi accertati di guarigioni inspiegabili dal punto di vista scientifico. L'
astio nei suoi confronti (su certi giornali liberali venne definito persino
"terrorista frate medico"....) invece di quietarsi, crebbe ulteriormente,
alimentato pure dall'invidia per il successo popolare ottenuto dal
francescano (c'era chi si inviperiva per "l'immagine di padre Gemelli
esposta nelle vetrine dei fotografi milanesi al pari di quella di una
furoreggiante divette"). Alcuni mesi dopo l'Associazione riuscì ad espellere
padre Gemelli attaccandosi a un cavillo: il francescano infatti, nelle sue
conferenze pubbliche, mentre affermava chiaramente che, come medico e
scienziato, doveva limitarsi a rilevare l'inspiegabilità delle guarigioni di
Lourdes, aggiungeva poi che, come credente cattolico, non poteva negare
riguardo alle stesse un eventuale intervento di carattere soprannaturale.
Riguardo a padre Agostino (Edoardo era il suo nome di battesimo) Gemelli
ripropongo un messaggio, relativo anche al ruolo svolto da Vico Necchi nella
sua conversione, che avevo postato tempo fa:

Vico Necchi e Gemelli

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Vico Necchi
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Gemelli

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Padre Gemelli al fronte con Padre Semeria
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Padre Gemelli "Magnifico Terrore"
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Con Pio XII
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Un ruolo fondamentale nella conversione di Agostino Gemelli lo ebbe il suo
amico Vico Necchi. Necchi, i cui genitori non erano credenti (il padre, in
particolare, era iscritto alla massoneria, che dominava la società liberale
del tempo), crebbe, come molti altri bambini di quell'epoca, la fine dell'
800, nel clima politico e culturale dell'Italia liberale, ferocemente
anticattolico.
Nonostante ciò, grazie all'interessamento delle zie e di alcuni sacerdoti,
riuscì a ricevere una educazione cattolica e a volgersi risolutamente verso
una convinta pratica religiosa. Sin da bambino dovette combattere
quotidianamente contro l'ambiente domestico e scolastico che si trovò a
frequentare.
Conoscendo le idee anticattoliche dei genitori, per potere ricevere la
comunione rispettando il digiuno eucaristico faceva sparire con qualche
sotterfugio il caffelatte della prima colazione e si metteva in tasca il
pane che, andando a scuola, donava a qualche povero per la strada.
Finite le lezioni, dopo mezzogiorno, ancora digiuno, correva a sfamarsi col
Corpo del Signore alla chiesa di san Bernardino alle ossa (meravigliosa
chiesa-ossario, le cui pareti interne sono ricoperte di teschi, tibie, ossa
varie, disposte in maniera originale, fantasiosa e artistica).
Alcuni siti relativi a san Bernardino (astenersi cardiopatici e deboli di
stomaco):

http://www.procura.milano.giustizia.it/P06.html

http://www.emmedici.com/milano/ottobre.htm

http://www.corriere.it/vivimilano/arte_e_cultura/articoli/2003/01_Gen...

Alla domenica la madre, per impedirgli di andare in chiesa, lo lasciava con
la sola camicia da notte, che egli, per potere uscire egualmente, nascondeva
sotto la giacca, della quale alzava il bavero, o sotto una sciarpa..
Gemelli, che conobbe Vico Necchi al liceo Parini, così ricorda il clima
generale di quell'epoca:
"La nostra generazione fu una generazione sfortunata, specie al liceo e all'
università. Al nostro liceo insegnava un illustre uomo che un giorno aveva
abbandonato la vita del chiostro: ebbi la ventura di riconciliarlo con Dio
prima che morisse, dopo che era già divenuto un celebre professore
universitario. Al liceo nulla ci fu risparmiato per proiettare una luce
sinistra sulla Chiesa e per demolire in noi il sentimento religioso.
Qualcuno vi era tra i professori, lo sapemmo poi, profondamente religioso;
ma costui era così timido da non osare manifestare il proprio pensiero. Io
posseggo ancora gli appunti delle lezioni, e solo ora comprendo, da un lato,
l'opera di distruzione che in me, inconsapevole, si stava compiendo, dall'
altro, la reazione dolorosa provocata in un animo come quello di Ludovico
Necchi. Ricordo anche il malcostume che alcuni sventurati nostri compagni,
qualcuno ora uscito di vita, e qualcuno fortunatamente spirato in Grazia di
Dio, seminavano tra noi, presentandolo con colori invitanti."
Alla fine della terza liceo l'ex-frate, il professor Giacinto Romano, aveva
deciso di interrogare Vico, invitandolo a riassumere tutto il corso di
storia. Il giovane aveva presentato in una esposizione efficace il panorama
della storia moderna. Giunto al periodo napoleonico e a quello del
Risorgimento, commentò, in un modo che non lasciava dubbio sul significato
delle parole, gli avvenimenti che avevano portato alle spogliazioni
effettuate dal governo italiano nei confronti della Chiesa. La scolaresca
sottolineava con manifestazioni di disapprovazione tutti i punti nei quali
Necchi mostrava i suoi sentimenti di devozione verso la cattedra di Pietro,
e le proteste e le interruzioni dei compagni erano fondate sulla certezza
che il professore avrebbe poi inflitto una dura lezione all'incauto
difensore dei Pontefici. Infatti, quando ebbe finito, il professore, pur
lodando l'esposizione generale, fece le più ampie riserve sul contenuto di
quanto espresso da Necchi; anzi, per metterlo in maggiore imbarazzo, gli
domandò:
-Lei, dunque, è temporalista?
-Sì - rispose tranquillamente lo studente
-Fino al "restituzionismo"? - incalzò il professore
-Precisamente
Un urlo di rabbia della scolaresca accompagnò la franca dichiarazione. Il
professore ottenne a stento il silenzio, e disse queste inaspettate parole:
"Amate e rispettate il Necchi per il suo carattere e il suo coraggio!"
Ricorda Luigi Moneta Caglio, suo compagno di liceo: "Vico si proclamava
"clericale" anche davanti ai compagni, e questo esempio trascinò pure me a
farlo, quando parecchi di noi, che non eravamo praticanti, non avevano quell
'attaccamento alla Chiesa e al papa, che egli aveva già da allora."
In effetti è difficile capire, oggi, quale fosse il clima di quell'epoca,
caratterizzato politicamente dai governi liberali, e quindi ferocemente
anticattolici, culturalmente da una temperie positivistica e materialistica,
avversa alla religione in generale, e al cattolicesimo in particolare. Tale
clima perdurò per ben sessanta anni, e venne meno solo quando Mussolini, nel
1929, decise provvidenzialmente di stipulare i Patti Lateranensi, e di
costituire lo Stato autonomo della Città del Vaticano (non a caso il beato
cardinal Schuster rilevava acutamente che "Benito significa Benedetto"...).
Gemelli e Necchi si ritrovarono poi all'Università: entrambi si iscrissero a
Pavia, alla facoltà di medicina. Nell'ateneo pavese il clima era,
naturalmente, sempre lo stesso: il solo Contardo Ferrini* (che anni dopo
verrà beatificato), insigne studioso di diritto, apprezzato a livello
internazionale, non nascondeva la propria profonda fede cattolica. Proprio
per questo gli studenti, allevati in un clima positivistico e anticattolico,
lo disprezzavano, e spesso lo costringevano a interrompere le sue lezioni
con le gazzarre che inscenavano appositamente. A capo di queste chiassate si
mise diverse volte il giovane Gemelli, socialista e anticlericale.
Ricorderà egli molti anni dopo: "A scuola di anatomia comparata un celebre
maestro ci mostrava in un vasetto il primo vivente "spontaneamente"
formatosi da un grumo di sostanza organica non organizzata; oppure ci
mostrava una innocente e microscopica muffa rossa che gli serviva (contento
lui!) a spiegare certi miracoli eucaristici. E quasi non bastasse la
dottrina, soccorreva anche la pratica: alla prima lezione di chirurgia il
Bottini ci presentava uno sventurato sacerdote che portava nel corpo la
conseguenza del peccato commesso. Ond'è che da Bottini si sghignazzava la
tonaca sacerdotale, mentre a scuola di anatomia si imparava che la religione
è frutto dell'ignoranza. La gioventù, adagio adagio, si allontanava dalla
Chiesa, o trovava insipiente il restarvi."
Gemelli divenne il capo del movimento socialista studentesco, e lanciava i
suoi appuntiti strali contro i pochi studenti cattolici del circolo
universitario "Severino Boezio", dei quali divenne presto presidente Vico
Necchi, che lanciò il motto sociale: "Proletari di tutto il mondo, unitevi
in Cristo sotto il vessillo della Chiesa!".
Mentre il positivismo e il materialismo imperavano, Necchi dimostrava
fattualmente la perfetta armonia che può instaurarsi tra la fede e la
scienza. Nonostante le opposte concezioni che li mettevano spesso di fronte
come avversari, Vico e Agostino conservavano la loro sincera
amicizia....anche se talvolta finivano col fare a pugni.....
Ma i due amici si intrattenevano spesso pure in discussioni filosofiche,
anche fuori dell'Università. Un giorno, solcando con una piccola barca le
acque del Ticino, accalorati come erano a disputare e contraddirsi, non si
avvedevano che un barcone carico di legname, trascinato dalla corrente,
stava per travolgerli, e nemmeno sentivano le grida degli operai che
cercavano di avvertirli. Scampato per un soffio il grave pericolo, i due
ricominciarono tranquillamente a discutere sull'esistenza di Dio...
In occasione del centenario dell'invenzione della pila elettrica da parte di
Volta, il circolo "Severino Boezio" indì una riunione volta a predisporre
delle manifestazioni commemorative. Vico, nel corso della riunione, parlò
appassionatamente, ma Gemelli, a un certo punto, lo interruppe, dicendo: "Il
Necchi vuole onorare in Volta il bigotto, mentre noi vogliamo onorare lo
scienziato. Tocca a noi quindi, e non a lui e ai suoi quattro gatti del
circolo cattolico pensare a queste cose..."
Vico cercò di protestare, ma finì solo col provocare un tafferuglio, durante
il quale la piccola brigatella del "Severino Boezio" fu buttata fuori dal
locale....
Conseguita la laurea, entrambi si trovarono a svolgere il servizio militare
sotto forma di anno di volontariato a Milano, presso l'ex-convento
cistercense (che quasi trenta anni dopo sarebbe diventato la sede dell'
Università Cattolica, fondata proprio da Gemelli e Necchi), posto vicino
alla basilica di sant'Ambrogio, e adibito a ospedale militare.

Entrata dell'Università Cattolica di Milano, presidiata dalla statua di
Cristo Re, il quale non indossa sul capo la corona di spine, ma il Diadema
regale
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I chiostri dell'Università Cattolica
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Basilica di Sant'Ambrogio
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Cripta della basilica, il corpo di sant'Ambrogio è posto tra quelli dei
santi Gervasio e Protasio

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Svolgevano il servizio con loro alcuni seminaristi e alcuni frati
francescani. Le prime
parole che Gemelli rivolse a uno di essi, padre Tornaghi, furono:
"Pretaccio, ti voglio tormentare fino a quando sarai congedato!"
Quando Necchi rientrava dai suoi servizi, poteva stare certo di trovare ogni
volta qualche scherzo pesante predisposto dal suo compagno; piuttosto che
niente gli arrivava comunque una poderosa sberla sulla testa che gli faceva
calare il berretto sul naso....
Una sera, già coricato, in camerata, Gemelli vide frate Arcangelo
inginocchiarsi di fianco alla branda per recitare le orazioni della sera.
Sorrise perfidamente e disse a Necchi: "Avresti il coraggio di fare
altrettanto?"
Non aveva finito la frase che Vico, il quale era un medico, e non un frate,
era già in ginocchio....
Gemelli, fine osservatore, non poteva fare a meno di notare, col passare del
tempo, il modo di comportarsi dei suoi compagni: austeri e sinceri, non
facevano mistero della loro vocazione, e la loro vita era in perfetta
coerenza di pensiero e azione, fede ed opere. Anche nelle mancanze più
umili, erano di una serenità edificante. Che differenza rispetto a troppi
socialisti di Pavia, che celavano le loro ambizioni sotto la maschera dell'
amore per il popolo....
Necchi ogni mattina, prestissimo, si alzava dal letto, e, rubando le ore al
sonno, scendeva nella cappella delle suore addette all'ospedale, ascoltava
la messa e si comunicava. Sicuramente pregava anche per il suo amico
Agostino. Un giorno gli volle fare dono di un suo segreto, e gli suggerì il
grido di sant'Agostino: "Dio, se ci sei, rivelati a me!"
Improvvisamente, una sera, Vico si sentì dire con voce brusca: "Senti
Necchi, domattina svegliami, quando ti alzi. Sono curioso di vedere cosa vai
a fare. Voglio venire con te." "Va bene" rispose Vico.
Al mattino, entrarono insieme nella cappella e Gemelli rimase in fondo,
presso la porta, con le braccia conserte, ad osservare. Il sacerdote
celebrava; le suore, i soldati e Vico si comunicarono. Gemelli, finita la
messa, uscì affettando freddezza e indifferenza.
Un giorno accadde a Agostino un episodio che egli rivelò molti anni dopo,
poco prima di morire. Un soldato di cavalleria distrutto dalla tubercolosi
fu portato nel reparto degli infetti; durante il solito giro di visite
serale egli si rivolse a Gemelli, dicendogli con un filo di voce: "Senti,
volontario, io muoio lontano da tutti i miei. Se la mia mamma fosse qui, mi
darebbe un bacio. Me lo vuoi dare tu?"
Il poveretto era pieno di piaghe, e vomitava continuamente. Gemelli disse a
sé stesso: "Se non lo fai sei un vile. Che cosa farebbe Gesù Cristo, che è
morto per gli uomini?" Baciò e abbracciò il morente vincendo la ripugnanza.
Chi era quel soldato in fin di vita che chiedeva un bacio?
Un giorno Gemelli disse a Vico: "Necchi, accompagnami in chiesa." "Va bene"
rispose Vico; e andarono insieme nella vicina basilica di sant'Ambrogio.
Gemelli scese nella cripta che custodisce il corpo del santo patrono di
Milano, si inginocchiò, nascose il volto tra le mani, e poi lo risollevò
rigato di lacrime. La basilica che, sedici secoli prima, vide la conversione
di sant'Agostino, fu pure testimone della conversione di Agostino Gemelli,
il futuro fondatore dell'Università Cattolica di Milano.

*Il beato Contardo Ferrini fu un insigne studioso di diritto. Lo Stoppani lo
definì "il giovane più erudito d'Europa": già dagli anni del liceo, istruito
da mons. Ceriani, prefetto della biblioteca Ambrosiana di Milano, aveva
imparato perfettamente l'ebraico, il siriaco e il sanscrito. All'Università
cominciò a stendere la sua tesi di laurea di storia del diritto penale in
greco antico, ma poi la tradusse in latino, su preghiera del suo professore,
che non padroneggiava la lingua di Platone e Aristotele.
L'importanza dei risultati scientifici raggiunti dal giovane studioso (morì
a 43 anni) destarono l'ammirazione del grande Mommsen, che scrisse: «Come il
secolo XIX per gli studi romanistici s'intitolava dal Savigny, così il XX
secolo si intitolerà al Ferrini» e ancora: «Per merito del Ferrini, il
primato degli studi romanistici passa dalla Germania all'Italia».
Complimenti sbalorditivi, sia per la loro provenienza, sia per il fatto che
anche nel campo del diritto la produzione scientifica tedesca era allora
enormemente superiore a quella italiana (vigeva il detto "doctor romanus,
asinus germanus".....).
Quando divenne professore all'Università di Pavia, nonostante il clima
ferocemente anticattolico vigente nell'Italia liberale dell'epoca, non
nascose mai la sua profonda fede religiosa. Un giorno il rettore magnifico
dell'Università lo rimproverò perché aveva sorretto l'asta del baldacchino
in una processione eucaristica, e gli intimò di astenersi in futuro dal
compiere simili gesti. Ferrini si limitò a rispondergli: "E' necessario che
l'Università sia rappresentata e si inchini davanti a Dio."
Come detto, il beato si trovò a vivere in un periodo caratterizzato dalla
politica persecutoria messa in atto dai governi liberali nei confronti
della Chiesa e dei cattolici, e dal prevalere in campo culturale di
indirizzi positivistici e materialistici imposti dalla massoneria, allora
trionfante e predominante in Italia. Anche per questo Ferrini, in uno dei
suoi scritti, tratti dal suo epistolario, che qui riporto, spera che torni
di nuovo a splendere in Italia il Sole di Cristo. Non potrà assistere da
vivo a tale ritorno: morirà infatti nel 1902, 27 anni prima che i Patti
Lateranensi, voluti da Mussolini, riportino la pace tra lo Stato e la
Chiesa.

"Agostino narra nelle sue "Confessioni" che, avendo studiato l'"Ortensio" di
Cicerone, gli spiacque non leggervi il santo nome di Gesù. E' vero: per noi
che siamo vinti dall'amore ineffabile di Lui, e viviamo per Lui, questa è
una mancanza troppo grave; noi vogliamo leggere dappertutto quel nome
venerato e caro, che pronunciamo con tanto affetto in vita, come una tessera
di speranze divine."

"Intanto ti affligge una gioventù, che ti circonda, abbandonata da Dio,
priva della grazia e della fede, e vorresti ricondurre quelle anime al
Signore!
Mio carissimo, solo la preghiera può compiere ciò. Lo Spirito, che domani,
giorno di Pentecoste, scenderà nei nostri cuori, è pure quello che ha
convertito il mondo pagano al "disonor del Golgota", alla follia della
Croce! Preghiamo con fede e carità, offriamo i nostri dolori, offriamo
qualche volontaria espiazione, uniamoci a Cristo nel suo sacramento, e
protestiamo di non volerlo lasciare, novelli Giacobbe, finchè non ci
esaudisca (Gen. XXXII, 27)."

"Il sentimento della natura, questa preziosa dote delle anime privilegiate,
dovrebbe avere una grande parte nella nostra educazione. Povera adolescenza,
che cresce rattrappita, misera di corpo e di spirito, senza idee e senza
coraggio, che non conosce altro passeggio che il Corso, altri orizzonti che
quelli del balcone, altri spettacoli di natura che quelli letti nei libri!
Povera gioventù senza coscienza e senza dignità, che si occupa di mode, di
romanzi, di teatri e di mondanità, e non si è ancora perigliata sulla cima
di un abisso, non ha ancora toccato la cima nevosa di un monte!
Davvero in quei contatti con la natura sentiamo la vicinanza di Dio, e
contempliamo le Sue meraviglie; la nostra mente si fa meglio capace del
bello e del buono, attinge fortezza e dignità, prevede i suoi alti destini.
Felici coloro che sono chiamati a questa scuola robusta ed efficace! Datemi
quel ragazzo che cresce aderente come l'edera alle vesti materne, privo di
individualità e di iniziativa, pieno di codarde paure per diventare un più
codardo libertino, datemi quel ragazzo, così che lo conduca sulle Alpi
nostre.
Impari a vincere in quegli ostacoli di natura le future difficoltà della
vita; impari a gioire al sole nascente contemplato da uno sperone di monte,
al sole cadente che incendia i vasti ghiacciai, al chiarore di luna che
scherza nella valle deserta. Colga il fiore che cresce al limite delle nevi
perpetue, ed esulti di tanto riso di cielo fra gli orrori dei monti!
Quel ragazzo tornerà fattosi uomo, e la sua coscienza morale ne avrà
guadagnato."

"Vittorio carissimo, ti rammenti di quei momenti di Dio gustati assieme?
Ebbene, manteniamo nello spirito questa unione così cristiana. Ti rammenti
di una preghiera [avevano recitato insieme il rosario] che al vano della
finestra, assorti nello spettacolo del firmamento, confidavamo quasi all'
aura notturna, perché la recasse in cielo?
Ripetendo quella preghiera, ricordati di me, perché io possa sempre
rivolgere l'occhio pieno di affettuosa speranza alla volta stellata del
cielo, perché io possa esultare sempre nella tranquilla solitudine della
notte, perché il raggio della luna mi sembri sempre un raggio di innocenza e
di pace.
Prega così e mi farai del bene. Pensa che se io andassi a riposarmi nel
grembo di Dio, è questa la preghiera che dovresti dire per l'anima mia.
Ti aspetto a Suna. Vieni intrepido e sano, e con piede sicuro: ti farò
conoscere le mie montagne.
Anche là parleremo di Dio."

"Io non saprei concepire una vita senza preghiera; uno svegliarsi al mattino
senza incontrare il sorriso di Dio, un reclinare la sera il capo, ma non sul
petto di Cristo. Una tale vita dovrebbe somigliare a una notte tenebrosa,
piena di avvilimento e di sconforto, arida per un tremendo anatema di Dio,
incapace di resistere alle prove, abbandonata ai reprobi sensi, ignara delle
gioie sante dello spirito. Io supplico il Signore che la preghiera non abbia
mai a morire sulle mie labbra, che prima debba uscire da me il mio spirito,
che ammutolirsi così miseramente.
Eppure la preghiera viene derisa: "Ci vuole altro, in questa feconda e
operosa modernità di vita, che piegare le ginocchia e sciupare il tempo in
esercizi ascetici, che sono la rovina dell'umanità. La superstizione
cattolica, con le sue feste e i suoi riti, con le sue novene e i suoi
rosari, strappa il popolo da quella continua attività, che è il coefficente
principale del valore di una società. Voialtri siete gente fuori dal tempo:
chiudetevi in un monastero, e non turbate il corso inesorabile della
civiltà."
Così si sente spesso predicare: e a sentire costoro, noi dovremmo separarci
totalmente da una società, che ci ha così formalmente scomunicati. A noi è
cara questa scomunica, perché ce la predisse Cristo.
Ad ogni modo è certo che, se cessassero i riti santi in questa povera
Patria, se non si vedesse più innalzarsi sui pinnacoli dei templi la Croce,
io esulerei da questo deserto morale maledetto da Dio, e peregrinerei fino a
dove trovassi un altare di Dio, del Dio che rallegra la mia gioventù!
E a chi mi rimproverasse uno spirito timido e debole, io direi che solo
nella preghiera attingo forza e dignità, che se ho un inizio di carattere, e
certo molto di più di tutti i liberali passati, presenti e futuri, lo devo
alla preghiera, che se i miei studi approdarono a qualche cosa, lo devo alle
benedizioni della preghiera.
Risponderei che non mi pare una vigliacca figura quella di Socrate, che per
la Patria combatte a Cheronea, e che sotto l'elmo pensa le grandi verità, e
prima del combattimento si inginocchia e prega; quella di santo Stefano, che
prega per i suoi lapidatori, mentre il suo volto pareva quello di un angelo;
di Alessandro Manzoni, che iniziava la giornata con l'assistenza ai riti
augusti della sua fede.
E a chi mi rimproverasse di sprecare il tempo, risponderei che per l'
efficacia animatrice della preghiera io non ne perdo nei teatri, nei caffè,
nei bordelli, nelle mille inutilità della vita dissipata, che la preghiera
mi fa amare il raccoglimento, la meditazione e il lavoro; risponderei che se
tutti pregassero a modo, non solo le condizioni sociali, ma anche quelle
materiali migliorerebbero di molto.
La preghiera eleva tutto l'uomo, gli ricorda destini sovrumani e altissimi
doveri, sembra quasi trasformarlo in un essere fatto di cielo. Datemi un
uomo che proferisca di cuore quelle divine parole: "Sia santificato il nome
tuo, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, dacci oggi il nostro pane
quotidiano, perdonaci come perdoniamo, non ci indurre in tentazione,
liberaci dal male", datemi un tale uomo, e non sarà possibile che egli non
sia un cittadino buono e leale, dedito alla famiglia e alla società. Non si
prega così se non si è buoni, o se non si ha il vivissimo desiderio di
diventarlo, per la grazia di Dio."

"Solo, in Germania, in una terra straniera e lontana, senza quasi una
conoscenza, dove potevo trovare la mia felicità, se non nel banchetto
divino, sempre preparato per le anime fedeli? Accanto a me sedevano molti
altri, e provavo una gioia grandissima, trovandomi di nuovo in famiglia. Sì,
eravamo tutti fratelli, tutti partecipi della stessa fede e delle stesse
speranze, tutti animati dagli stessi sentimenti: sì, eravamo tutti nella
pace e nella comunicazione del Signore nostro Gesù Cristo, e mangiavamo alla
stessa mensa, e ricevevamo il pegno della stessa immortalità. Nauseato tante
volte alla vista di una città corrottissima, mi rallegrava tanto sorriso di
cielo su quelle fronti giovanili, che aspettavano insieme a me con gioia
tranquilla e serena il Corpo di Cristo.
E su, ancora più a Nord, ove il gelido vento protestante, simile a quello
che fa sorgere le onde nel Baltico, ha spento quasi ogni vita cattolica,
come fui lieto, quando mi sedetti nella piccola cappella di san Canuto, a
Copenaghen, al banchetto santo! Una schiera di giovani intonava in
preparazione un cantico danese, e a me sembrava di intenderlo, persuaso che
esprimesse la mia gioia e il mio desiderio!
E che dirò quando in Vaticano ebbi l'invidiata fortuna di ricevere questo
pane divino dalle mani sante del Vicario di Cristo, quando da tutte le parti
del mondo erano convenuti ferventi cattolici, per vedere con i loro occhi
quel santo vecchio, colonna e ornamento dell'edificio di Dio, sostegno della
fede e della civiltà?
Come traspariva la maestà divina dal suo volto!
Veramente quel mite e pio sorriso era "la benevolenza e la carità del
Signore nostro Gesù Cristo."

"Non è molto che io ero studente, e dai grandi portici del collegio Borromeo
di Pavia vedevo proprio in questo giorno un bellissimo tramonto dietro la
catena dell'Appennino, tutta candida delle nevi invernali. Come è dolce
questo tramonto! E' dolce perché il sole che si accomiata da noi, tornerà
domani coi suoi tesori di luce.
Ma questo tramonto al quale assistiamo tutti i giorni, di quel Sole, "lumen
positum ad revelationem gentium", che sempre più si nasconde per la società,
non lascia che amara tristezza.
Sorgerà di nuovo quel Sole, tornerà cristiana la società, torneranno il
bene, la purezza, la fede?
Io la mantengo, questa soave speranza, e mi pare che il giorno in cui
vedessi ancora in onore la Croce, direi volentieri a Dio: "Ora lascia
andare, o Signore, il tuo servo in pace".
Ho poco tempo per leggere le Scritture. San Paolo dorme, povero san Paolo,
in mezzo ai testi delle Pandette, alle arguzie dei legali e ai manoscritti
sottratti alle tacite investigazioni dei topi! Chi sa se e quando mi saranno
dati quindici giorni per potere riposare un pò lo spirito. Forse dovrò
aspettare per riposarmi i secoli eterni. Avessi almeno la virtù di
consacrare ogni cosa a Dio!
Voglimi sempre bene, mandami tue notizie, e prega un poco per il tuo
Contardo".
Notoncus
2005-09-09 07:20:49 UTC
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Post by donquixote
la chiesa di san Bernardino alle ossa (meravigliosa
chiesa-ossario, le cui pareti interne sono ricoperte di teschi, tibie, ossa
varie, disposte in maniera originale, fantasiosa e artistica).
La Sagrada Familia mi ricorda la stilizzazione di una costruzione fatta
con ossa di diversa dimensione, grandi e piccole. La struttura mi pare lo
scheletro di un essere gigantesco, non umano. I particolari architettonici
e le decorazioni che la completano mi fanno pensare ad ossa umane di
svariata foggia. Lo definirei uno stile neogotico-macabro. A me non piace
affatto.

Ma comprendo che a te possa piacere Gaudì se definisci bellissima la
chiesa ossario di San Bernardino.
--
questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ***@newsland.it
donquixote
2005-09-13 21:12:56 UTC
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Post by Notoncus
Post by donquixote
la chiesa di san Bernardino alle ossa (meravigliosa
chiesa-ossario, le cui pareti interne sono ricoperte di teschi, tibie, ossa
varie, disposte in maniera originale, fantasiosa e artistica).
La Sagrada Familia mi ricorda la stilizzazione di una costruzione fatta
con ossa di diversa dimensione, grandi e piccole. La struttura mi pare lo
scheletro di un essere gigantesco, non umano. I particolari architettonici
e le decorazioni che la completano mi fanno pensare ad ossa umane di
svariata foggia. Lo definirei uno stile neogotico-macabro. A me non piace
affatto.
Ma comprendo che a te possa piacere Gaudì se definisci bellissima la
chiesa ossario di San Bernardino.
Io non l'ho definita "bellissima", in senso estetico, l'ho definita
"meravigliosa", proprio nel senso di "capace di suscitare meraviglia".
Attitudine tipica dell'epoca barocca, anche nella letteratura; ad esempio
Giovan Battista Marino proclamava:

"E' del poeta il fin la maraviglia:
parlo dell'eccellente, non del goffo:
chi non sa far stupir vada alla striglia".

La chiesa-ossario non è espressione, come tu dici, di gotico-macabro, ma di
barocco macabro. La grande poesia barocca del Seicento è caratterizzata dal
macabro, dal tema dalla morte ("homo-humus, fama-fumus, finis-cinis"), del
momento in cui, come dice un sonetto di Gongora tradotto da Ungaretti, "tu
più non sia tu, e tutto non sia più confusamente/ che terra, fumo, polvere,
ombra, niente" ("en tierra, en humo, en polvo, en sombra, en nada").
Il terzo link del mio messaggio precedente era mutilo:

http://www.corriere.it/vivimilano/arte_e_cultura/articoli/2003/01_Gennaio/23/ossario.shtml

Tra le immagini proposte c'è quella di un foro di raccolta delle offerte,
posto sul muro esterno della chiesa. E' un esempio meraviglioso di
"macabro-ricattatorio": sopra il foro sono infatti incisi due teschi e due
ossa, e la frase "Date et dabitur vobis". Ho constatato personalmente che il
vecchio espediente barocco induce ancora oggi al gesto caritatevole (magari
un poco forzato dal punto di vista psicologico.....).
Dal punto di vista estetico, effettivamente, in architettura, preferisco di
solito gli stili "irrazionali" (gotico, barocco, liberty) a quelli
"razionali" (classico, rinascimentale, neoclassico).
Invece, per quanto riguarda la pittura e la scultura, prediligo su tutti lo
stile rinascimentale.
Cordiali saluti.

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