Discussione:
Frodo, l'Anello e la Via della Croce
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Rafminimi
2015-11-15 12:17:49 UTC
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From: 'Rafminimi' ***@infinito.it [micheleghisleri]
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Sent: Friday, October 23, 2015 8:47 PM
Subject: [micheleghisleri] Frodo, l'Anello e la Via della Croce (by Isacco
Tacconi)



http://www.radiospada.org/2015/10/tolkieniana-frodo-lanello-e-la-via-della-croce/

Cominciamo ora questo nostro viaggio prendendo in esame il piccolo-grande
protagonista del Signore degli Anelli: Messer Frodo Baggins.
Anzitutto dobbiamo rilevare come questo personaggio non si possa realmente
comprendere, né d'altra parte avrebbe senso, se non in relazione al
protagonista "implicito" del libro:l'Anello. La vita di Frodo difatti è
intrecciata all'esistenza dell'Anello e tutto il suo ruolo si svolge e si
esaurisce in riferimento ad esso. Vedremo, perciò, come l'Unico Anello sia
anch'esso un vero e proprio "personaggio".
Ma perché l'oggetto che tiene in scacco tutti i personaggi del libro, Sauron
incluso, è un "anello"? Perché mai Tolkien ha scelto proprio questo oggetto
e non un altro come punto focale e catalizzatore di tutto il suo racconto?
Certamente il riferimento letterario a Sigfrido e alla saga dei Nibelunghi
che il dotto professore di Oxford conosceva molto bene è indubbio, ma il
valore simbolico e il ruolo dell'Anello è troppo profondo e centrale per
poter essere soltanto una citazione dotta o una mera "copia" delle epopee
nordiche.
Bisogna notare, infatti, che caratteristica dell'Unico Anello è il suo
influsso sulla volontà di coloro che vi entrano in contatto. La forza
attraente dell'Anello su tutti coloro che lo guardano è paragonabile alla
forza attraente che i beni finiti, ossia il piacere sia intellettuale che
sensibile, esercitano sulla volontà dell'uomo; in altre parole l'azione che
l'Anello, non a caso chiamato "del potere", svolge per conto dell'Oscuro
Signore è la "tentazione". Al pari della tentazione al peccato, l'Anello si
"adatta" alla dimensione della mano di colui che ne entra in possesso o
meglio in contatto giacché, in realtà, nessuno è "padrone" dell'Anello
neppure Sauron che ne è l'autore. Al contrario si potrebbe dire che l'Anello
diventa il padrone di colui che lo usa schiavizzandolo, allo stesso modo in
cui il peccato, liberamente commesso dall'uomo, lo rende schiavo del peccato
come dice San Paolo. La triste storia di Smeagol divenuto la spregevole
creatura Gollum ne è l'esempio più drammatico.
Ma perché si chiama l'Anello "del Potere"? a quale potere fa riferimento?
Solo alla supremazia dell'Oscuro Signore sui popoli della Terra di Mezzo?
Questo non avrebbe alcun senso giacché tutti quanti sono tentati dal potere
dell'Anello ma non per sottomettere le nazioni. Anzi, i buoni come Gandalf,
Galadriel o Boromir sono attirati dall'Anello ma non manifestamente per
compiere il male. Il male sempre si presenta come bene altrimenti non
riuscirebbe ad indurre gli uomini a compierlo, solo il Demonio compie il
male per il male non provando in esso né piacere né soddisfazione.
Dicevamo, perciò, che i buoni sono sì tentati di usare l'Anello ma per fare
del bene. Come si vede la dinamica del peccato originale come quella del
peccato attuale di ogni uomo è la stessa: fare affidamento sulla propria
forza di volontà o sulle proprie buone intenzioni. Quando l'uomo pecca
decide di fare il male per raggiungere un bene, vuole cioè farsi arbitro del
bene e del male, utilizzando il male come via verso il bene. Nel peccato
l'uomo
vuole disporre del bene e del male, vuole cioè diventare come e più di Dio
con le proprie forze. Questa è una costante ciclica nella storia
dell'umanità
dalla Torre di Babele all'ideologia filantropico-pacifista odierna radicata
nel naturalismo antropologico. Ciò che fa difetto però non è che l'uomo
desideri divenire come Dio giacché questo è stato il piano di Dio fin da
prima della creazione. Dio, infatti, ha messo nel cuore dell'uomo il
desiderio del Bene Infinito e dell'Eterna Felicità che è Dio stesso, Egli
aveva già stabilito di far partecipare gratuitamente Adamo ed Eva della
propria natura divina. I progenitori perciò sarebbero si diventati "come
déi" ma per Grazia e non con le loro forze. Ma l'essenza del peccato è
proprio questa, voler cioè fare il bene attribuendo a se stessi la capacità
di farlo anziché a Dio che è l'autore di ogni bene e il Bene stesso.
La tentazione, poi, differisce da persona a persona a seconda dell'indole,
delle inclinazioni, delle circostanze e del ruolo ma per tutti essa spinge
al male anche se sotto la veste del bene, un bene parziale, apparente, non
ordinato al fine e che in definitiva diviene male per colui che lo desidera
perché lo distoglie dal Fine Ultimo che è il Bene Assoluto. Non può esistere
la "tentazione al bene" e ciò mette in luce l'essenza perversa del peccato
che lo rende inutilizzabile, ossia segnato da un divieto. Detto in termini
moralmente più appropriati "il fine buono non giustifica mai i mezzi
illeciti cioè cattivi". Nel caso dell'Anello, al pari di un qualsiasi altro
oggetto o azione malvagia in sé stessa, la regola sarà: non è possibile
utilizzare un mezzo intrinsecamente malvagio per ottenere un qualsiasi bene.
Questa sarà la lezione che tutti i protagonisti del Signore degli Anelli
dovranno imparare loro malgrado e ciò porterà alcuni all'autodistruzione
(Gollum, Denethor, Saruman), altri alla frustrazione (Bilbo, Boromir), e
tutti all'impotenza di poter utilizzare l'Anello per il bene nonostante le
buone intenzioni.
A questo punto diventa più chiaro come l'Anello sia la rappresentazione
allegorica del "peccato" ed è per questa stessa ragione che i buoni non
possono utilizzarlo, l'unica possibilità che resta loro è distruggerlo,
distruggere cioè il peccato, causa di ogni male sulla terra. Ma per
adempiere a questa missione indispensabile alla salvezza della Terra di
Mezzo è necessario che qualcuno "porti il peso del peccato" ossia che si
faccia "portatore" del male per essenza per distruggerlo una volta per
tutte. Colui che lo porterà dovrà essere uno che non ne subirà il malefico
influsso tentatore, dovrà riuscire a vincere la tentazione di usarlo che è,
come sempre il male, la via più facile. È necessario colui che la Sacra
Scrittura definisce "l'innocente di mani e puro di cuore" (Psal XXIII,4).
Serve
qualcuno che si offra "liberamente" in sacrificio d'espiazione per tutti,
che porti il peso del peccato di tutti senza lasciarsi vincere da esso, in
definitiva serve un capro espiatorio: unavittima.
È interessante che Tolkien ritenga che per gli hobbit il passaggio alla
maggiore età avvenga proprio ai 33 anni, gli anni della pienezza di Nostro
Signore, gli anni in cui la virilità raggiunge il suo vertice, l'età in cui
il Figlio di Dio scelse di abbracciare la Croce. Vero è che Frodo aveva sui
cinquant'anni quando partì da Casa Baggins e non trentatré, ciononostante il
concetto fondamentale è che il "portatore dell'Anello" è una persona matura,
non un giovincello avventato. In realtà scopriamo che Frodo aveva la stessa
età di Tolkien quando pose mano al Signore degli Anelli, i due cioè erano
coetanei.
Ad ogni modo la scelta di Frodo di addossarsi quel penoso "fardello" non è
priva di sofferenza, e la consapevolezza che dalla propria fedeltà o
infedeltà dipenderà il destino di molti segna il suo cammino aumentandone il
peso morale. Lui sa che deve farsi forte per i deboli, andare avanti quando
gli altri cederanno e questo è forse un peso maggiore della stessa
tentazione dell'Anello. "Avrei tanto desiderato che tutto ciò non fosse
accaduto ai miei giorni", esclamò Frodo. "Anch'io" annuì Gandalf, "vale per
tutti coloro che vivono in tempi come questi. Ma non tocca a noi decidere.
Possiamo solo decidere cosa fare con il tempo che ci viene concesso". Questa
consapevolezza richiama un altro dogma fondamentale della nostra divina Fede
Cattolica ossia laCommunio sanctorum. Tale articolo del Credo ci rivela che
c'è una compartecipazione ai beni spirituali fra i santi, e il bene che ogni
anima battezzata compirà per carità di Dio ridonderà a bene dell'intero
Corpo Mistico di Cristo che è la Chiesa Cattolica. C'è quindi una
circolazione della Grazia e un sostegno reciproco tra la Chiesa militante,
la Chiesa Purgante e la Chiesa Trionfante dei beati. A questo stesso
principio, ossia che ogni buona azione porta frutto a suo tempo, fa
riferimento Gandalf quando ricorda a Frodo che Bilbo pur potendo fare il
male non lo fece. "La pietà di Bilbo - dice Gandalf - può decidere il
destino di molti".
La somiglianza tra Frodo Baggins e Nostro Signore Gesù Cristo emerge
velatamente, grazie all'intensità della narrazione e alla carica simbolica
di cui Tolkien disponeva essendo un cattolico estremamente profondo e
sensibile. Infatti, lo hobbit è il più piccolo essere della Terra di Mezzo,
certamente non scelto per la sua forza né per la sua saggezza quanto per la
sua umiltà. Il legame degli hobbit con la terra, con l'humus esprime proprio
la caratteristica della loro semplicità ed umiltà. Queste creature infatti
vivono sotto terra, coltivano la terra, la rendono bella, piacevole e
accogliente; hanno i piedi grandi ben piantati a terra. Potremmo quasi dire
che gli hobbit vengano dalla terra e ciò ci riporta alla creazione dell'uomo
plasmato da Dio con la polvere della terra. La stessa parola latina homo ha
la sua radice etimologica precristiana nella parola humus, segno chiaro
della costituzione ontologicamente terrestre dell'uomo in accordo con quanto
rivela la Genesi.
Proprio queste umili origini di Frodo Baggins rendono il suo eroismo
radicalmente opposto a quello dei romanzi cavallereschi classici e ancor più
a qualsiasi eroe prodotto dalla letteratura umanista e antropocentrica
contemporanea: [...] Chi mai, infatti, avrebbe pensato fra i grandi re degli
uomini e i sapienti re degli elfi che il "salvatore" della Terra di Mezzo
sarebbe giunto dalla sperduta e insignificante contrada della "Contea"? Ciò
richiama l'esclamazione dubbiosa di Natanaele: "Può mai venire qualcosa di
buono da Nazareth?" (Gv I,46) e la risposta di San Paolo spiega quanto i
piani della Divina Provvidenza siano lontani e imperscrutabili alla sapienza
umana: "La stoltezza di Dio è più sapiente della sapienza degli uomini (e
degli elfi, e dei nani)".
Lo stesso viaggio verso il Monte Fato ricalca in maniera analogica le
modalità e il fine del viaggio di Nostro Signore al Calvario, ossia il
ritorno sul luogo dove il peccato originale è stato compiuto, reimpiegando
lo stesso mezzo con cui era stata perpetrata la grande offesa contro Dio.
C'è una tradizione e delle rivelazioni private secondo cui Adamo fu
seppellito su quello che sarà il Gòlgota cioè il monte Calvario. Tali
tradizioni affermano poi che il legno dell'albero della conoscenza del bene
del male da cui i progenitori presero il frutto del peccato, sarà lo stesso
legno riemerso dopo secoli e utilizzato dai giudei per fabbricare la Croce
alla quale inchiodarono Nostro Signore. Per questo nel Prefazio della Santa
Croce la Chiesa prega: «unde mors oriebàtur, inde vita resùrgeret: et, qui
in ligno vincébat, in ligno quoque vincerétur» («affinché donde aveva avuto
origine la morte, di là scaturisse la vita; e chi nel legno aveva vinto,
proprio nel legno fosse vinto»). Nel caso dell'Anello del Potere l'elemento
d'origine non è il legno ma il fuoco. Quel fuoco da cui fu tratto l'Anello è
lo stesso fuoco che lo distruggerà.
Anche gli altri membri della Compagnia dell'Anello si offrono di
accompagnare la "vittima" cioè Frodo nel suo viaggio al Monte Calvario,
liberamente offertosi come Cristo per la salvezza del mondo. Dice Frodo:
"Accade sovente così, Sam, quando le cose sono in pericolo: qualcuno deve
rinunciare, perderle, affinché altri possano conservarle". In una
parola:sacrificio. La morte di uno è il prezzo per la salvezza di molti.
Quello che la Compagnia compie, dunque, è una vera e propria Via Crucis.
Singolare poi il fatto che Frodo nel momento estremo della distruzione
dell'Anello
simbolo del Peccato si trovi solo, eccettuato Samwise Gamgee suo fedele
servitore. L'"eroe" in questo caso non si trova a dover affrontare un drago
o un mostro esteriore come Beowulf o Re Artù, ma deve vincere se stesso e
l'interiore
attrazione che il male esercita sulla sua volontà; quello di Frodo è un
terribilecombattimento interiore. Il resto dei membri che con lui erano
partiti, non ci sono più, egli è da solo sul Monte, solo dinanzi al Male e
all'estrema tentazione dell'Anello che sembra sopraffarlo rendendo vano
tutto il viaggio compiuto fin là. In questa sconfitta finale e tragica del
Portatore dell'Anello si vede inoltre come tra Frodo e il Cristo vi sia
soltanto una analogia e non una identificazione. Sappiamo, poi, che Tolkien
non ebbe l'intenzione esplicita di fare di Frodo una sorta di "figura
messianica" ma una vera opera d'arte supera e sublima la semplice intenzione
dell'artista realizzando non soltanto il desiderio della volontà ma anche
tutto quel bagaglio di valori, di credenze e di virtù vissute che
costituiscono la personalità stessa dell'artista. Da un'opera d'arte,
infatti, conosciamo dell'artista molto di più di quanto egli stesso non
voglia effettivamente mostrare. Per questo dinanzi agli orrori e alle
aberrazioni della cosiddetta "arte contemporanea" conosciamo lo stato
dell'anima
di questi artisti maledetti ovvero che sono anime vuote, morte alla Grazia e
abbrutite dal peccato e questo lo esprimono nell'arte che producono che è
ontologicamente, metafisicamente, inevitabilmente "BRUTTA".
Ma torniamo alla Bellezza, che è uno con la Bontà e la Verità. La debolezza
di Frodo, dunque, è coerentemente figura e paradigma del cristiano. Ogni
cristiano, infatti, incede su questa "Terra di Mezzo" sul cammino verso il
Monte "Fato" che è la Croce del Calvario, fra continue cadute e sinceri
pentimenti. Il messaggio sotteso a tutta la narrazione deve essere chiaro:
la vita dell'uomo su questa terra è un primo Purgatorio, nata e segnata
dalla sofferenza. "Gli anni della vita dell'uomo sono settanta, ottanta per
i più robusti ma quasi tutti fatica e sofferenza" dice la Sacra Scrittura.
Tolkien, essendo nato in un'epoca "più cattolica", aveva ben presente questa
realtà, o meglio aveva ben presente "La realtà", consapevole che l'uomo
vive, esiste al solo scopo di guadagnarsi con l'ascesi, la mortificazione
interiore e il sacrificio di carità i Beni eterni che la tignola non consuma
né i ladri possono rapinare. Inutile lamentarsi delle sofferenze del tempo
presente, non sta a noi decidere, dice Gandalf, il cristiano sa che il tempo
non dipende da lui ma l'impiego che farà del tempo sì, e su questo verrà
giudicato. Il Serafico padre San Francesco d'Assisi era solito ammonire i
suoi frati dicendo loro: "Fratres, dum tempus habemus operemur bonum".
Ed è proprio nel Tempo che la Provvidenza Divina supera e soccorre le deboli
forze dell'uomo. Quando tutto sembra perduto, quando la disfatta sembra
completa sul "Monte il Signore provvede", e quell'essere meschino e malvagio
che è Gollum, grazie a quell'incomprensibile atto di pietà di Bilbo, diviene
in quell'ora estrema lo strumento della Provvidenza per portare a termine la
missione di Frodo. Ciò manifesta la visione escatologica cristiana del Male
il quale, in fin dei conti, per quanto possa sforzarsi nei suoi scopi
oscuri, resta sempre uno strumento nelle mani della Sapienza Divina, e
malgrado se stesso concorrerà a compiere i disegni divini. Il Male, quindi,
non sfugge all'Onnipotenza divina, come il sinedrio e Giuda Iscariota
aizzati da Satana credono di raggiungere i propri scopi, in realtà sono
strumento per compiere il piano divino di Redenzione fissato fin dall'inizio
dei tempi e che era stato annunciato dai profeti.
Infine il vero Signore degli Anelli non è Sauron ma neppure Frodo giacché
anch'egli ne subisce il fascino. Sant'Antonio da Padova diceva che è vero
signore soltanto colui che riesce a signoreggiare se stesso, colui che è
dominus sui. Nel Signore degli Anelli solo Sam nella sua semplicità di
"giardiniere", riesce a vincere la seducente attrattiva dell'Anello del
Potere creato dall'angelo caduto per ghermire e incatenare nell'oscurità.
Accompagnando il suo padrone verso il Monte, Sam condivide il giogo e il
peso dell'Anello come il Cireneo la Croce di Nostro Signore.
In ultima analisi, la missione di distruzione dell'Anello rivela come per
vincere la tentazione al peccato e praticare le virtù sia necessario il
sostegno e il conforto di un amico. Abbiamo bisogno l'uno dell'altro, del
sostegno e della preghiera altrui. L'amicizia cristiana si basa infatti
sull'Imitazione
di Cristo che ha comandato di servirci gli uni gli altri e di amarci come
Lui ci ha amato morendo per noi sulla Croce. Alla vita cristiana è
necessario il sostegno e la carità fraterna, la fedeltà, la lealtà,
l'amicizia
cristiana, lo spirito di sacrificio per amore del fratello e dell'amico.
Quale altra religione umana insegna l'immolazione di sé per amore di Dio e
del prossimo? Nessuna.
Ma la libera e generosa offerta di Frodo lo condurrà molto al di là del
Monte Fato. La sua missione non finirà con un ritorno a Casa Baggins. La
vita terrena, la verdeggiante Contea, la locanda, i canti e le amicizie
hanno perso per lui, ormai, ogni attrattiva: desidera soltanto la Pace. Il
suo Calvario gli ha meritato l'ingresso nel Riposo eterno, alla beatitudine
dei santi, al di là dell'oceano, lontano ad ovest.
«Paradiso, o paradiso!» esclamava gemente San Filippo Neri infiammato per il
desiderio della vita eterna. Esso è la Meta ultima di questo penoso viaggio
che è la vita, per coloro che avranno perseverato fino alla fine. Tale è la
disposizione interiore che il cristiano dovrebbe nutrire nel cuore: il
costante, intimo, ardente e gemente desiderio di essere per sempre con
Cristo e in Cristo in Paradiso per essere ricongiunto all'Amore del suo
cuore e per Lui rinunciare al mondo intero.
Tale atteggiamento traspare delicato nella dipartita di Frodo che Tolkien
narra con toni di mistica poesia quasi desiderasse essere egli stesso, con
Frodo, su quella nave per Valinor: "Allora Frodo baciò Merry e Pipino e per
ultimo Sam, e salì a bordo; le vele furono issate, il vento soffiò, e
lentamente la nave scivolò via lungo il grigio estuario; e la luce della
fiala di Galadriel che Frodo teneva alta scintillò e svanì. La nave veleggiò
nell'Alto Mare e passò a ovest, e infine, in una notte di pioggia, Frodo
sentì nell'aria una fresca fragranza, e udì dei canti giungere da oltre i
flutti. Allora gli parve che, come quando sognava nella casa di Bombadil, la
grigia cortina di pioggia si trasformasse in vetro argentato e venisse
aperta, svelando candide rive e una terra verde al lume dell'alba".


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pgm
2015-11-20 21:33:32 UTC
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Post by Rafminimi
Bisogna notare, infatti, che caratteristica dell'Unico Anello è il suo
influsso sulla volontà di coloro che vi entrano in contatto. La forza
attraente dell'Anello su tutti coloro che lo guardano è paragonabile alla
forza attraente che i beni finiti, ossia il piacere sia intellettuale
predica agli uccelli
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Rafminimi
2015-11-21 06:59:28 UTC
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Post by pgm
predica agli uccelli
Io certamente (Isacco T. autore del testo non so) non sono ne' capace, ne'
tanto meno degno, di essere paragonato a Santi come San Francesco o
Sant'Antonio, che hanno predicato a uccelli, pesci e onde.
Comunque, se non temessi di peccare di orgoglio (il mio peggior difetto), ti
renderi edotto sulle risposte e gli apprezzamenti che, tale testo, ha
ricevuto da lettori compresi alcuni che vivono nel Paese de Sol Levante, in
quello con nella bandiera "ORDEM e Progreso", e nell'Est- Europa.
lm



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