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Cervantes a Lepanto
(troppo vecchio per rispondere)
donquixote
2004-07-28 23:20:14 UTC
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MIGUEL DE CERVANTES ALLA BATTAGLIA DI LEPANTO
Una delle più solenni e suggestive rievocazioni della battaglia di Lepanto è
quella che fece il grande Cervantes, nel Prologo della seconda parte del suo
Don Chisciotte. Non si dimentichi che il Cervantes - allora
ventiquattrenne - partecipò davvero, di persona (singolare letterato colla
spada in pugno), alla grande battaglia (7 Ottobre 1571) e ne riportò
gloriose ferite: battaglia che egli definisce "prodigiosa" e che gli appare
come l'evento più alto e la più alta occasione di passione e di gloria ('la
màs alta ocasion") che abbiano visto i secoli passati, tutti, e ora i
presenti, e quale non spereranno mai di vedere "los venideros", quelli
futuri.
Prosegue dicendo che, se gli si proponesse e gli si rendesse possibile un
miracolo, egli preferirebbe essersi trovato presente a quello scontro
favoloso, pur col duro scotto pagato, piuttosto che sentirsi di nuovo sano
delle sue ferite sì, ma senza aver preso parte a quella "ocasion" invidiata
dai Cristiani coraggiosi e fedeli di tutti i tempi. Ché se ora è uno
storpio, come gli rinfacciano stupidamente e disumanamente certi nemici e
invidiosi, la sua storpiatura non se l'è procurata appunto "en alguna
taberna", in qualche rissa di bassa osteria, ma in una giornata d'armi e di
ardori, vissuta combattendo contro "el crudo pueblo infiel".
Certo noi siamo ora diversi: più scettici, o più "civili", o più remissivi e
dialoganti, o più timidi, spauriti e delicati. Che Dio ce la mandi buona,
comunque, e che ci faccia sempre trovare, dinanzi, antagonisti simili a noi.
Perché la Storia non è sempre idilliaca e benigna, né corrisponde sempre,
come pur dovrebbe, al Libro dei nostri Sogni.
Ecco il brano:" In quella dolce occasione io ero triste, con una mano che
afferrava la spada, e il sangue dell'altra che diramava giù. Sentivo il
petto piagato da una profonda ferita, e la sinistra era lì, già spezzata in
mille parti. Però il giubilo, che mi prese l'anima vedendo vinto il crudele
popolo Infedele da quello cristiano, fu tanto, re e signore mio, che non
capivo se ero ferito davvero. Dunque era tanto mortale il mio sentimento (di
gioia) che talora mi strappava via la coscienza (del dolore)." Si noti: "A
esta dulce sazòn": in questa dolce situazione".
E, per concludere, è bello sapere che il Cervantes quel grande giorno stava
male, per una violenta febbre, tanto che Don Francisco de S. Pedro, il
capitano della sua galea ("La Marquesa", che avrebbe poi combattuto all'ala
sinistra dello schieramento navale cristiano, quella comandata dall'
ammiraglio veneziano Agostino Barbarigo - che morì nel furore della mischia
fra le due Armate), lo voleva dispensare dal già imminente combattimento. Ma
il fiero hidalgo gridò che per lui era meglio la morte che lo starsene
ozioso sotto coperta in quel fatale frangente, e riuscì a convincere Don
Pedro. Salì addirittura, febbricitante, su un battello, con dodici uomini di
cui era a capo, che combatteva al fianco de "La Marquesa" e si spingeva
sempre più avanti per far fuoco più da presso sulle navi turchesche. E due
palle di archibugio lo centrarono al petto, e una gli disfece, come
sappiamo, la mano sinistra.
Se l'aver combattuto contro i terribili e feroci Turchi, i giannizzeri di
Allah, gli "invincibili", è da aversi a peccato, certo, allora, pochi
dovettero sentirsi più gran peccatori del Cervantes, che battagliò a Lepanto
con tanta foga e passione (per la Croce e per la patria), e ne fu ferito e
storpiato; e pur non ne chiese o fece, poi, in alcun modo, scusa od ammenda.
Neppure quando, malato a morte (e conquistato tutto, come dicono i biografi,
da "una gran paz y una grandiosa humilitad"), lasciò le disposizioni per il
suo funerale che ne rivestissero il cadavere dello scuro e nudissimo saio di
S. Francesco, e lo portassero, a spalla, i confratelli Terziari - lui a
faccia scoperta e levata, come si usava appunto per i membri defunti del
III° Ordine, nel Convento delle Trinitarie di Madrid, per la cristiana
sepoltura e per l'incontro con Dio. Colla "gran paz y grandiosa humiltad"
propria e degna dell'oscuro e forte combattente di Lepanto, con addosso il
suo malore e la sua febbre - e la sua passione -, e sulla sua fragile barca,
gettata incontro alle furiose bordate delle galee di Ali Bassà. Uomo della
vecchia Spagna, la Spagna dei cavalieri e dei santi, di Zurbaran e di El
Greco (ora rinnegata da certi nuovi credenti).
ALDO BARTARELLI
Laura B.
2004-07-29 20:21:57 UTC
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Post by donquixote
MIGUEL DE CERVANTES ALLA BATTAGLIA DI LEPANTO
[...]
«Come vi chiamate?» [...]
«Miguel de Cervantes Saavedra, al servizio di Vostra Grazia»
«Spagnolo» disse Juan «Di dove siete?»
«Sono nativo di Alcalà, Vostra Eccellenza» [...]

«Siete volontario, penso?»
«Sì, Vostra Eccellenza. Andai a Roma al seguito del reverendissimo Giulio
Acquaviva d'Aragona. Ma che cos'è la vita nella più magnifica corte, quando
il corno chiama a battaglia contro l'infedele? La poesia può restare poesia
solamente finché va a braccetto col coraggio e la nobiltà di cuore»
«Vorrei che tutti gli Spagnoli la pensassero come voi» disse Juan.

Miguel de Cervantes sorrise umilmente. «È necessario però anche l'altro
tipo» disse «Avete mai notato, Eccellenza, che vi sono due tipi di Spagnoli,
e due soli?» [...]
«Due tipi solamente? Quali sono, signor poeta?»

«Il primo» disse Cervantes «è il tipo sparuto, sognatore e pieno di
entusiasmo per tutte le cose grandi, sacre e brillanti. La donna che egli
ama è invariabilmente la più bella del mondo e se non è una regina, dovrà
esserlo. Egli pensa che il mondo sia il campo a lui dato da Dio, nel quale
dovrà compiere gesta magnifiche al servizio di una grande causa e così egli
è eroe e pazzo, poeta e cavaliere»
«Come voi» disse sorridendo Juan.

Cervantes fece cerimoniosamente un inchino, ma nei suoi sicuri occhi era
nascosta un'espressione di furbesca ironia. «Il secondo tipo» continuò «è
intensamente pratico e conosce con esattezza il valore di un maravedì, di un
reale e di un ducato. La donna per lui è una creatura molto utile, e se è
anche bella, tanto meglio. Egli crede che il mondo sia un campo nel quale
bisogna trovare una angolo, nel quale vivere il meno disagiatamente
possibile. Basterà che diate uno sguardo solo a uno Spagnolo e saprete
sempre a quale dei due tipo appartenga» [...]

«Grazie signor poeta» disse Juan «Rifletterò certamente sulla vostra teoria.
Ma qual era il favore che volevate domandare?»
«È quello, Vostra Eccellenza, di poter essere liberato dall'infermiere bene
intenzionato, ma fastidioso, e di avere il comando di una dozzina di soldati
in battaglia, preferibilmente arcieri»

[Louis de Wohl - «L'ultimo crociato - Il ragazzo che vinse a Lepanto» -
Rizzoli 2001]

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